Ascoli Piceno
comune italiano, capoluogo dell'omonima provincia nelle Marche / Da Wikipedia, l'enciclopedia encyclopedia
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Ascoli Piceno (/ˈaskoli piˈʧɛno/[4] ascoltaⓘ) è un comune italiano di 45 442 abitanti[1], capoluogo dell'omonima provincia nelle Marche.
Ascoli Piceno comune | |
---|---|
Piazza del Popolo | |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Marche |
Provincia | Ascoli Piceno |
Amministrazione | |
Sindaco | Marco Fioravanti (FdI) dall'11-6-2019 |
Territorio | |
Coordinate | 42°51′17″N 13°34′31″E |
Altitudine | 154 m s.l.m. |
Superficie | 158,02 km² |
Abitanti | 45 442[1] (30-11-2023) |
Densità | 287,57 ab./km² |
Frazioni | Vedi elenco |
Comuni confinanti | Acquasanta Terme, Ancarano (TE), Appignano del Tronto, Castel di Lama, Castignano, Castorano, Civitella del Tronto (TE), Colli del Tronto, Folignano, Maltignano, Roccafluvione, Rotella, Sant'Egidio alla Vibrata (TE), Valle Castellana (TE), Venarotta |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 63100 |
Prefisso | 0736 |
Fuso orario | UTC+1 |
Codice ISTAT | 044007 |
Cod. catastale | A462 |
Targa | AP |
Cl. sismica | zona 2 (sismicità media)[2] |
Cl. climatica | zona D, 1 698 GG[3] |
Nome abitanti | ascolani |
Patrono | sant'Emidio |
Giorno festivo | 5 agosto |
Cartografia | |
Posizione del comune di Ascoli Piceno nella provincia omonima | |
Sito istituzionale | |
Il centro storico, costruito quasi interamente in travertino, è tra i più monumentali d'Italia[5] e in esso si trova la rinascimentale piazza del Popolo[6][7][8]. In epoca medievale era caratterizzato dalla presenza di circa duecento torri, la cui erezione iniziò subito dopo il Mille. Secondo la tradizione, Federico II ne fece distruggere novantuno nel 1242 e la loro riduzione proseguì nei secoli successivi. Ancora oggi conserva diversi esempi di torri gentilizie e campanarie ed è nota come la Città delle cento torri[9].
La città si trova nella parte meridionale della regione Marche e dista 28 km dal mare Adriatico. Il suo centro urbano sorge ad un'altitudine di 154 m s.l.m., nella zona di confluenza tra il fiume Tronto e il torrente Castellano, circondato per tre lati da montagne, tra cui vi sono la montagna dell'Ascensione, il colle San Marco e la montagna dei Fiori. Il suo territorio è contornato da due aree naturali protette: il parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga a sud e il parco nazionale dei Monti Sibillini a nord-ovest.
Il territorio di Ascoli Piceno è situato nella Valle del Tronto. A nord confina con i comuni di Venarotta, Rotella e Castignano, a est con Appignano del Tronto, Castel di Lama, Castorano e Colli del Tronto, a sud con Folignano, Maltignano e con i comuni abruzzesi di Ancarano, Sant'Egidio alla Vibrata, Civitella del Tronto e Valle Castellana, ad ovest con Acquasanta Terme e Roccafluvione.
Nella classificazione sismica della protezione civile è identificato come Zona 2, cioè zona a sismicità media, mentre nella classificazione climatica è contrassegnato come Zona D.
Ascoli Piceno ha un'exclave (Piana della Forcella, 0,5 km quadrati) compresa tra il comune di Acquasanta Terme, quello di Roccafluvione e un'exclave di quest'ultimo (Forcella).
Fiumi e torrenti
- Fiume Tronto
- Torrente Castellano
- Torrente Chiaro
Monti
- Monte Ascensione
- Colle San Marco
- Montagna dei Fiori
- Collina del Sacro Cuore - Modesta altura che si distingue nel panorama della zona nord della città. La collina spicca e domina sul quartiere di Campo Parignano ed ha assunto questa denominazione a seguito della presenza del monumento dedicato al Sacro Cuore di Gesù. Sull'area del poggio, dislocate lungo la via Monte Ascensione, strada che conduce alla sommità del rilievo, vi sono anche quattordici opere scultoree in travertino, realizzate dall'artista Antonio Mancini, dedicate alla passione di Cristo e raffiguranti i temi delle stazioni della Via Crucis.
Clima
Il clima della città di Ascoli è di tipo subappenninico, trovandosi a ridosso di importanti catene montuose. Gli inverni sono umidi e freschi, e quando le correnti balcaniche giungono fin sul medio Adriatico, in città si assiste a precipitazioni nevose e un forte abbassamento della temperatura. Talvolta, le nevicate possono risultare piuttosto intense e persistenti, esaltate dal fenomeno dello stau appenninico. Tra le ondate di gelo più intense negli ultimi 20 anni, con accumuli nevosi importanti, spesso superiori al mezzo metro di manto bianco al suolo, si rammentano quelle di gennaio 1993, dicembre 1996, gennaio 1999, gennaio e febbraio 2005, dicembre 2007, oltre alle copiosissime nevicate del febbraio 2012 e del gennaio 2017
Sono frequenti gelate notturne, mentre il fenomeno della nebbia risulta assai raro in città, mentre appare più frequente in alcune aree della vallata del Tronto. Le estati risultano calde e con precipitazioni poco frequenti per lo più dovute ad improvvisi e a volte violenti temporali pomeridiani. Nella conca ascolana nei giorni più caldi si possono raggiungere temperature di 37°- 38°, ma generalmente le serate estive sono stemperate da fresche brezze che dall'Appennino si incanalano nella vallata e rinfrescano decisamente le temperature notturne. La temperatura media del mese di gennaio si attesta sui 5°- 6° mentre quella di luglio sui 24°- 25°.
Nel corso del tempo la città fu identificata con il nome greco-romano di Asculon (Ἄσκουλον) ed Asclos, Strabone la chiamò in greco nella variante Asclon (Ἃσκλον τὸ Πικηνόν); la Tavola Peutingeriana la citò come Asclo Piceno; Paolo Diacono solo Asculus[10]. Ad Ascoli il termine Picenum fu accostato già da Giulio Cesare che la chiamò Asculum Picenum[11] sia per distinguerla dalla città dell'Apulia, Asculum Apulum ora Ascoli Satriano, e sia per riconoscere la sua posizione di appartenenza alla regione del Picenum Suburbicarium.
Durante il periodo delle invasioni gote e longobarde vi fu un imbarbarimento della lingua ed Asculum divenne solo Esculum senza l'aggiunta di Picenum. Intorno all'anno 1000 la denominazione della città sui documenti e sugli statuti dell'epoca fu Esculo che in seguito si trasformò in Asculo ed intorno al 1700 divenne Ascoli.
Ascoli
Le radici del nome Ascoli non sono prive di dubbi legati alla sua etimologia, Giuseppe Marinelli scrive che la nascita dell'insediamento risalirebbe a 1600 anni prima della fondazione di Roma, quando nel territorio vi fu la presenza di genti, non originarie del luogo, che vissero nell'area cittadina dedicandosi alla caccia e alla pastorizia delle quali non sono sopravvissuti segni che consentano di profilare la loro cultura di appartenenza. Partendo da queste considerazioni è alquanto arduo e incerto delineare congetture che risolvano con certezza una fondata etimologia della denominazione.
Umberto Laffi definisce il toponimo di origine illirica ed ipotizza che la denominazione dell'insediamento umano dell'età neo-eneolitica assunse in latino la forma di Asclum o Asculum.
Gaetano De Minicis e Giuseppe Colucci riportano l'ipotesi del canonico Alessio Simmaco Mazzocchi[12] che attribuisce la derivazione del nome della città alla parola ebraica Escol (escol bortus), traducibile come grappolo d'uva. Da questa interpretazione si dedurrebbe che l'area fu ricca e lodata per la presenza di piante di vite.
Il Colucci, sull'origine del toponimo, aggiunge un'altra possibile interpretazione e sostiene che il popolo degli Opici, noti anche come Ausoni, arrivò nella valle del Tronto e fondò la città dandole il nome di Aescolo da Aesculus, ossia l'eschio, una varietà di quercia largamente presente nel territorio.
Giuseppe Marinelli riferisce che l'etimologia potrebbe essere ricondotta ad "AS", radice egeo-anatolica che esprime i concetti di “luogo di dimora" ed "insediamento urbano”.
Dalle fonti classiche, ed in particolare da una leggenda anteriore all'anno 1000 a.C., si apprende la storia del re Aesis, riportata da Silio Italico, poeta latino, il quale attribuisce il termine Ascoli alla derivazione dalla radice "as" dal nome del re, detto anche Esio re dei Pelasgi. Secondo questa tradizione Aesis fu colui che condusse la popolazione pre-ellenica nella risalita della costa adriatica approdando alla foce del fiume Tronto. I Pelasgi, dopo aver percorso la valle verso l'entroterra, si stanziarono sul colle Pelasgico o monte Pelasgo, l'attuale colle dell'Annunziata, dove eressero un recinto sacro e si fusero con gli abitanti del territorio dando inizio ad un primo insediamento urbano.
La leggenda e le affermazioni di Silio Italico non hanno però trovato conforto nei riscontri archeologici del territorio. La teoria etimologica trova ed assume rilevanza in quanto aiuta a spiegare anche altri toponimi legati al Picenum come Aso e Jesi, anch'essi riconducibili dalla radice "as", tipica e diffusa nel linguaggio egeo-anatolico.
Esiste anche un'altra leggenda che confermerebbe l'origine e la provenienza greca del popolo dei Piceni. Questa narra dell'acheo Diomede, federato della guerra contro Troia, qui giunto posteriormente all'invasione dorica, che, dopo essere approdato sulle coste della Puglia, si stabilì lungo le coste adriatiche.[senza fonte]
Piceno
L'origine del nome Piceno è attribuito dalla tradizione italica ricordata da Strabone, Plinio[13], Festo[14] e Paolo Diacono, nella sua Historia Langobardorum[15], all'appellativo Picenum, termine che trova la sua derivazione da picus. La narrazione racconta della migrazione di gruppi di Sabini avvenute durante le celebrazioni primaverili del ver sacrum. Questo popolo, tra l'VIII ed il VI secolo a.C., si spostò dalle regioni di provenienza osco-umbre, verso altri territori per cercare pascoli estivi e, in questo viaggio, sarebbe stato condotto da un picchio verde o da re Pico, un sovrano del Lazio[16].
Sino all'avvento del Regno d'Italia, il Comune era indicato con il solo nome "Ascoli". L'aggiunta della specificazione "Piceno" è avvenuta ufficialmente per effetto del regio decreto 9 novembre 1862 n. 978[17][18] che ha autorizzato il Comune di Ascoli ad assumere la denominazione "Ascoli-Piceno", in conformità alla deliberazione del consiglio comunale del 28 luglio 1862.
Dalle origini alla caduta dell'Impero romano
Le origini della città sono avvolte nel mistero, ma è abbastanza sicuro che vi fosse la presenza umana già dall'età della pietra[19] e che la zona fosse abitata già nell'epoca neolitica. Secondo una tradizione italica citata nella letteratura antica (Strabone, Plinio, Festo) la città venne fondata da un gruppo di Sabini, che vennero guidati da un picchio, uccello sacro a Marte, durante una delle loro migrazioni detta ver sacrum. I Sabini si sarebbero fusi con altre popolazioni autoctone dando origine ai Piceni, che avrebbero fondato Ascoli 1600 anni prima della fondazione di Roma.[20][21]
Nel 299 a.C. Ascoli si alleò con i Romani nel contesto della terza guerra sannitica e, dopo la guerra picentina, nel 269 a.C. divenne civitas foederata di Roma, mantenendo una certa autonomia. In età romana Ascoli divenne il centro principale del Piceno anche grazie alla sua posizione sulla via Salaria, che collegava le saline della foce del Tevere a quelle della costa adriatica. Nel 91 a.C. si ribellò a Roma insieme ad altre genti italiche e dette vita alla guerra sociale. Nell'89 a.C., dopo un lungo assedio, il generale romano Gneo Pompeo Strabone conquistò la città, trucidando i capi della rivolta e mandando in esilio parte dei suoi abitanti. Testimonianze archeologiche della ribellione di Ascoli contro i Romani sono le “ghiande missili”, proiettili in piombo che venivano scagliati dai frombolieri di entrambi gli schieramenti e che in alcuni casi recano iscrizioni, in particolare invettive contro l'avversario o incitazioni a colpire rivolte direttamente all'oggetto (feri, ovvero "colpisci").
Ascoli sorse in una posizione favorevolmente difendibile, alla confluenza tra il Tronto e il torrente Castellano e riparata dalle alture circostanti, che in antichità dovevano essere particolarmente difficili da attraversare, come ricorda anche il geografo Strabone. All'epoca romana, più precisamente al periodo posto tra la tarda età repubblicana e l'età augustea, risale il primo impianto regolare della città, caratterizzato da una scansione ortogonale degli assi viari e degli isolati, ben visibile ancora oggi nella disposizione delle vie del centro storico. La via Salaria entrava in città da ovest dopo aver attraversato la Porta Gemina, e il suo percorso interno allo spazio urbano doveva coincidere con il decumanus maximus, che all'altezza del foro cittadino si incrociava con il cardo maximus. La Salaria usciva poi dalla città ad est, nel punto di confluenza del Castellano nel Tronto, passando sul ponte che oggi è detto "di Cecco". Il percorso del decumanus maximus è di incerta individuazione, ma l'ipotesi più attendibile lo vede coincidere con l'attuale corso Mazzini, mentre il cardo sarebbe da riconoscere nelle attuali vie del Cassero, del Trivio e Pretoriana; secondo questa ricostruzione il foro doveva sorgere non lontano dall'attuale Piazza del Popolo. Un ponte posizionato sul lato settentrionale della città, il Ponte Romano di Solestà, collegava Ascoli con le zone a nord della città.
Con il finire della Guerra Sociale tutte le popolazioni dell'Italia ricevettero la cittadinanza romana, così nell'88 a.C. Ascoli fu iscritta alla Tribù Fabia e divenne un municipium. Durante la guerra civile tra Cesare e Pompeo Ascoli parteggiò per il primo, sotto il quale nel 49 a.C. la città assunse definitivamente la denominazione Asculum Picenum. Durante il secondo triumvirato la città ottenne il titolo onorifico di colonia triumvirale, evento forse da ricollegarsi al prestigio del generale ascolano Publio Ventidio Basso, partigiano di Marco Antonio che sconfisse i Parti e celebrò un trionfo.
Ai tempi di Augusto, quando l'Italia fu suddivisa in 11 regioni, Ascoli fu iscritta alla quinta regione italica, il Piceno, di cui era uno dei principali centri. Durante la Tarda Antichità, in seguito alle riforme amministrative volute da Diocleziano e da Costantino, il territorio ascolano divenne parte del Picenum Suburcarium, una delle province che componevano la diocesi d'Italia. Con la caduta dell'Impero romano d'Occidente Ascoli seguì il destino del resto d'Italia.[22]
Dall'alto al basso Medioevo
La presa del potere di Odoacre coincide con un periodo di notevoli cambiamenti sociali che nel giro di un secolo ridisegnerà il profilo antropologico della città. Con Odoacre (che ristabilì l'Istituto della Hospitalitas) si insediarono in città nuovi gruppi di individui di origine gota. L'arrivo di Teodorico e degli ostrogoti coincise con un secondo innesto di popoli come gli amali i sarmati gli illirici secondo le assegnazioni del senatore Pietro Marcellino Felice Liberio. L'uccisione di Amalasunta, figlia di Teodorico, portò all'innesco della guerra gotica (535-553) che Ascoli subì e che la consegnerà temporaneamente al dominio bizantino dal 535 al 542. Proprio in quegli anni la contemporanea eruzione di alcuni vulcani islandesi oscurò dal 536 al 540 i cieli europei. L'oscuramento provocò la perdita di ogni raccolto e la contemporanea progressiva insufficienza di vitamina D per carenza di raggi solari, innescando inoltre un non meno problematico raffreddamento della terra. Da un carotaggio effettuato nel ghiacciaio vicino alla Capanna Giovanni Gnifetti in Val d'Aosta si è potuto risalire al fatto che la temperatura estiva dell'anno 536 non potesse essere superiore a 2.5' al 45' parallelo. Una epidemia di peste bubbonica intorno al 541 contribuì ancor di più a spopolare l'Italia [23]. La nascita del monachesimo che avviene in questo periodo, va inquadrata in un più ampio contesto non solo religioso ma anche civile in cui spesso abbracciare i voti di una vita monastica significava individuare anche l'unica ancora di salvezza personale. I monasteri iniziano a diventare punti di riferimento per molte persone rimaste sole e colmano parte delle necessità sociali del periodo attraverso l'accoglienza. [24]. È attestato che San Benedetto da Norcia visiti Ascoli nel 542 quando era vescovo Epifanio. La tradizione popolare narra che fosse stato lui a fondare l'Abbazia di Santa Maria in Montesanto, vicino Civitella, ora in provincia di Teramo. Più probabilmente ne fondò solo il primo nucleo in uno sperone dove era importante anche difendersi dai frequenti attacchi[25]. Con la controffensiva ostrogota di Totila, Ascoli tornò di nuovo sotto assedio nel 544-45. Secondo l'Auctarium in appendice al Chronicon di Marcellino Comes, Totila assedio' Ascoli nel 544. Quando il re entrò in città, lasciò andar via le truppe bizantine con tutto il loro bottino poi fece depredare e massacrare i civili ("Crudelitatem suam in Romanos exercuit eosque omnes nudat et necat")[26]. Secondo Procopio da Cesarea Ascoli fu assediata nel 545 per capitolazione senza spargimento di sangue[27]. La sconfitta definitiva di Teia nel 552 segna la fine del regno ostrogoto. Ascoli torna sotto il dominio di Costantinopoli attraverso la neo-costituita Prefettura del Pretorio d'Italia. Paolo Diacono nella Historia Langobardorum la descrive far parte della dodicesima provincia insieme a Fermo, Penne ed Atri [28]. Egli inoltre afferma, nel medesimo testo, che Narsete, cartolajo d'Italia, chiamò spesso in aiuto le popolazioni barbariche contro le frequenti incursioni dei Franchi e per debellare le ultime città in mano agli ostrogoti. La presenza longobarda in Italia si materializzo' quindi anche prima dell'invasione di Re Alboino avvenuta nel 568. È accertato, comunque, che il Piceno fu interessato dalle invasioni longobarde da nord tra il 572 ed il 574. La controffensiva bizantina di Baduario del 575 e 576 fu infruttuosa e nel 578, la città viene posta nuovamente sotto assedio dal duca Faroaldo I di Spoleto. Stremata dalla peste e dalla carestia apri' le porte e si consegnò. Il Monaco Agostino, che la aveva incitata a non sottomettersi ad un popolo ariano, fu ucciso insieme ai figli. La sua memoria fu conservata e le sue ceneri furono inumate nel Duomo[29].I nuovi arrivati imposero un diritto di Hospitalitas probabilmente con il pagamento di una quota di raccolto e si insediarono attraverso le "farae", vere e proprie tribu', nel controllo del Piceno. Lasciarono però sostanzialmente invariate le usanze istituzionali locali facenti capo alla Chiesa che già da allora era l'unico vero caposaldo economico, sociale ed istituzionale. I Vescovi si posero come elemento di rappresentanza non solo religiosa ma anche civile della società preesistente alla quale ben presto i Longobardi si integrarono. Ma furono soprattutto i Monasteri a rimanere punto di riferimento essenziali. I monaci con le loro regole erano laboriosi, ospitali, devoti e collaborativi sia rispetto al potere civile che a quello religioso. Fornivano asilo e controllavano il territorio. Pagavano le rendite ed erano comunque colti e custodi di tradizioni scritte ed orali. I Longobardi trovarono nei Monasteri punti di riferimento importanti per il rafforzamento del loro potere. Non è un caso che sotto il Ducato di Spoleto l'Abbazia di Farfa diventasse, anni dopo, il potentato economico più forte del centro Italia ed anche del Piceno. I reperti delle tombe di Castel Trosino testimoniano l'acquisizione da parte dei Longobardi di elementi della cultura italica e bizantina, testimoniate da un inedito pellegrinaggio religioso. Ma anche la popolazione locale trasse vantaggio da nuove abitudini. Ai longobardi va il merito di avere introdotto nel Piceno la sconosciuta cultura del cavallo che tuttora viene tramandata nel Torneo della Quintana. Legata ad esso vi era anche la necessità di riconvertire alcuni terreni in avena per il nutrimento equino. Così fu introdotta la rotazione triennale delle semine dei campi che portò anche a miglioramenti qualitativi dei raccolti grazie anche a nuovi sementi ed ad una diversa qualità di concimazione organica legata all'ottimo letame del cavallo. Nel frattempo intorno all'anno 584 fu costituito l'Esarcato d'Italia che era composto dai territori che facevano parte della Prefettura del Pretorio ancora sotto il controllo bizantino. Contestualmente anche i Ducati longobardi dopo un periodo di interregno elessero Re Autari, figlio di Clefi, filocattolico, come nuovo re per meglio difendersi dai franchi a est e dall'esarcato all'interno della penisola. Ma la presenza del corridoio bizantino che congiungeva Ravenna a Roma e che i longobardi non riuscirono a conquistare per la difficoltà di assedio ad alcune importanti roccaforti come Narni, Amelia, Todi, Gubbio e Perugia fece si che Ascoli si venisse a trovare in una zona di confine in cui a nord ed ad ovest era completamente circondata dai nuovi ducati appena costituiti da Bisanzio in sostituzione delle eparchie. Ascoli quindi per molto tempo (oltre 150 anni fino alla riunificazione di Liutprando) sarà tagliata fuori da qualsiasi scambio commerciale con il nord e sarà costretta a risolvere l'economia di sussistenza attraverso minimi scambi con il sud Italia. Ciò ha probabilmente segnato una certa propensione alla omogeneità culturale più con territori del sud come Aquila e Pescara che del nord ora corregionali come Ancona e Pesaro. Tale confine ricalca quasi precisamente il confine culturale tra le Marche del nord e quelle del sud chiamate tuttora Marche sporche in cui Ascoli si colloca, le prima con influenze culturali romagnole le seconde con influenze più abruzzesi. Nel 589 eccezionali precipitazioni devastano l'Italia ed, a seguire, nell'anno 590 una ondata di peste bubbonica (lues inguinaria) decima la popolazione nazionale e quindi anche quella del Piceno[30]. Dal 591, inoltre, anche il Ducato di Spoleto, di cui Ascoli fa parte, ha un nuovo dux, Ariulfo, un generale al servizio di Bisanzio che, ben presto, per evitare ritorsioni dai Ducati del nord cambiò schieramento e che continuò quindi la politica aggressiva del predecessore contro l'Esarcato ed in particolare contro Roma che assedio' più volte[31]. Ma, dopo alterne vicende, la guerra tra i Longobardi e Bisanzio entrò in una fase di stallo che indusse le parti a firmare periodi di tregua che si rinnovarono e che portarono ad una sostanziale cristallizazione dello stato di fatto per circa 150 anni. Passò sotto il controllo dei Franchi scesi in Italia al seguito di Carlo Magno. In questi secoli si accentuò il potere dei vescovi (i cosiddetti vescovi-conti), tra cui Corrado II che con apposito diploma concede al feudatario vescovo Bernardo I nel 1037, il diritto di Zecca.
Nel periodo la città viene trascinata in più occasioni nella più vasta lotta per il predominio in Europa tra guelfi e ghibellini.
Nel 1183 si costituisce in Libero comune, conoscendo però il saccheggio e la distruzione ad opera delle armate imperiali di Federico II. Le libertà municipali sono minate dalle lotte di fazione tra le famiglie più in vista, tra cui il Signore Andrea D'Acquaviva. Importanti famiglie nobiliari ascolane medievali, coinvolte direttamente nelle vicissitudini politiche della città, furono quelle dei Guiderocchi e dei Saladini. Durante la conquista di Ladislao I - re di Napoli, la città meritò di essere governata dal famoso condottiere d'Italia Conte da Carrara, appartenente alla nobile famiglia padovana dei Carraresi, al quale il sovrano partenopeo concesse il titolo di Viceré dell'Abruzzo e Principe di Ascoli per sé e per i suoi figli che gli successero, Ardizzone e Obizzo, quando lo seppellirono in pompa magna nel Duomo della città, come vuole il Bascetta.[32] Le lotte finiscono per aprire la strada a personaggi ambiziosi come Galeotto Malatesta (XIV secolo) che viene cacciato da una rivolta e in seguito a Francesco Sforza che instaura una crudele dittatura (XV secolo) che viene abbattuta nel 1482, anche se Ascoli è costretta a riconoscere la sovranità della Chiesa.
Non cessano i disordini interni tra opposte fazioni che conduce a decenni di ribellioni, massacri, razzie, alla crescita del banditismo e alla decadenza delle virtù civili.
Dal Periodo unitario ai giorni nostri
Venne annessa alla prima Repubblica Romana e nel 1860 viene annessa al Regno d'Italia, di cui seguirà d'ora in avanti tutte le vicende. Degne di nota sono le vicende della resistenza ascolana nel settembre 1943 contro l'occupazione tedesca, che hanno valso alla città la Medaglia d'Oro al Valor Militare per attività partigiana (2001).
Una parte del territorio della provincia ascolana è stato per oltre un secolo rivendicato dalla vicina e rivale Fermo, la quale ha perso il capoluogo a seguito dell'Unità d'Italia. Nel 2004, però, la provincia di Fermo è stata di nuovo deliberata, ed istituita nel 2009.
Simboli
Il simbolo che compare sullo stemma comunale della città di Ascoli si compone di porta a due fornici sovrastata dalla galleria merlata tra due torri.
Gli autori locali si sono diversamente espressi sul significato della rappresentazione contenuta nel campo dello scudo. Alcuni hanno considerato l'accostamento di questi elementi architettonici riferibile a una delle porte cittadine che si apriva nelle mura di cinta urbane medievali, altri hanno scritto che la composizione raffigurerebbe l'antico cassero che sorgeva dove si trova la Fortezza Pia, altri ancora hanno sostenuto che la struttura costituirebbe la sintesi della simbologia delle costruzioni più caratteristiche della città, quindi ponti, torri gentilizie e campanili.
Onorificenze
Ascoli Piceno è tra le Città decorate al valor militare per la guerra di liberazione per i sacrifici delle sue popolazioni e per la sua attività nella lotta partigiana durante la seconda guerra mondiale, insignita della Medaglia d'oro al valor militare il 12 aprile 2001[33]:
— 12 aprile 2001