Attacco all'ambasciata degli Stati Uniti d'America a Baghdad
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L’attacco contro l'ambasciata degli Stati Uniti d'America si è verificato a Baghdad, in Iraq, il 31 dicembre 2019 ed il 1º gennaio 2020. I manifestanti, appoggiati dai miliziani di Kata'ib Hezbollah e le loro Forze di Mobilitazione Popolare (PMF) insieme a sostenitori e simpatizzanti[1][2] hanno attaccato l'ambasciata statunitense nella zona verde in risposta agli attacchi aerei statunitensi su Iraq e Siria nel 2019 che hanno ucciso 25 persone e ferito 55 combattenti di Kata'ib Hezbollah in Iraq e Siria.[3]
Attacco contro l'ambasciata degli Stati Uniti d'America in Iraq del 2019-20 parte della crisi del Golfo Persico del 2019-2020 | |||
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I miliziani iracheni del PMF e i loro sostenitori bruciano la garitta di guardia davanti all'ambasciata statunitense, 31 dicembre 2019 | |||
Data | 31 dicembre 2019 - 1º gennaio 2020 | ||
Luogo | Baghdad, Iraq | ||
Causa | Risposta agli attacchi aerei statunitensi su Iraq e Siria nel 2019. | ||
Esito | attacco aereo dell'aeroporto di Baghdad da parte degli Stati Uniti d'America, con conseguente uccisione del maggior generale iraniano Qasem Soleimani (a capo della Forza Quds), Abu Mahdi al-Muhandis (guida delle forze di mobilitazione popolare irachene) e altri otto uomini. | ||
Schieramenti | |||
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L'attacco è avvenuto nel contesto della crisi del Golfo Persico del 2019-2020, portando gli Stati Uniti d'America a incolpare l'Iran e i suoi alleati in Iraq per aver orchestrato l'attacco all'ambasciata. Gli Stati Uniti hanno risposto inviando centinaia di truppe aggiuntive nella regione del Golfo Persico tra Iraq e Kuwait, tra cui circa 100 marines statunitensi per rafforzare la sicurezza presso l'ambasciata di Baghdad. Nessun decesso o lesioni gravi si sono avuti tra gli statunitensi durante l'attacco e i manifestanti non hanno mai violato il complesso principale.[4]