Attentato all'ambasciata del Regno Unito in Italia del 1946
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L'attentato all'ambasciata del Regno Unito in Italia avvenne nei pressi di Porta Pia a Roma il 31 ottobre 1946 e fu rivendicato dall'organizzazione paramilitare sionista Irgun Zvai Leumi.[1] L'esplosione di due bombe temporizzate, inserite in valigie e lasciate all'ingresso dell'ambasciata, ferì due persone e danneggiò irreparabilmente l'edificio. L'Irgun colpì l'ambasciata perché la riteneva un ostacolo all'immigrazione illegale di ebrei nella Palestina mandataria.[2] Uno degli obiettivi previsti dall'Irgun, l'ambasciatore Noel Charles, era in licenza durante l'attacco.
Attentato all'ambasciata del Regno Unito in Italia del 1946 attentato | |
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Resti dell'edificio dopo l'esplosione | |
Tipo | esplosione |
Data | 31 ottobre 1946 |
Luogo | Roma |
Stato | Italia |
Coordinate | 41°54′32.43″N 12°30′04.62″E |
Obiettivo | ambasciata del Regno Unito e relativo ambasciatore |
Responsabili | Irgun |
Conseguenze | |
Morti | 0 |
Feriti | 2 |
Fu subito stabilito che i militanti stranieri dell'Irgun erano dietro l'attacco e, sotto la pressione del Regno Unito, la Polizia di Stato, i Carabinieri e le Forze di Polizia Alleate perquisirono e radunarono numerosi membri dell'organizzazione Betar, che aveva reclutato militanti tra i profughi sfollati.[3] A conferma dei timori per l'espansione del terrorismo ebraico oltre la Palestina mandataria, quello all'Ambasciata fu il primo attacco contro personale britannico da parte dell'Irgun sul suolo europeo.
I governi britannico e italiano avviarono un'indagine approfondita e conclusero che l'attacco era stato organizzato dagli agenti dell'Irgun della Palestina mandataria. L'attentato fu condannato dai leader delle agenzie ebraiche che sovrintendevano ai loro rifugiati. L'Italia promulgò successivamente una rigida riforma sull'immigrazione, mentre nel Regno Unito aumentò il sentimento antisemita. Durante i primi anni cinquanta, Israele fece pressione sui Britannici per spingere il governo italiano a non perseguire i militanti. Nel 1952 otto sospetti, tra cui il capobanda Moishe Deitel, furono processati in contumacia e ricevettero condanne lievi che andavano da 8 a 16 mesi.