Centro di identificazione ed espulsione
strutture di identificazione e espulsione nel sistema di accoglienza migranti italiano / Da Wikipedia, l'enciclopedia encyclopedia
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I centri di identificazione ed espulsione (in sigla CIE; già noti come centri di permanenza temporanea), in Italia, erano strutture destinate al trattenimento degli stranieri sottoposti a provvedimenti di espulsione e o di respingimento, nel caso in cui il provvedimento non sia immediatamente eseguibile.
Essi sono stati istituiti in ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 12 della legge Turco-Napolitano.[1]
Essi hanno la funzione di consentire accertamenti sull'identità di persone trattenute in vista di una possibile espulsione, ovvero di trattenere persone in attesa di un'espulsione certa, il loro senso politico si traccia in relazione all'apparato legislativo sull'immigrazione nella sua interezza.
Nel 2017, il sistema ha cambiato nome in Centri di permanenza per i rimpatri (CPR). Un successivo decreto-legge del 2020 (n.130, 21 ottobre) ha poi introdotto diverse disposizioni sul "trattenimento del cittadino straniero nei centri di permanenza per i rimpatri", tra cui un tetto massimo al trattenimento delle persone detenute (90 giorni, estendibili a 120), ed il trattenimento prioritario "nei confronti degli stranieri che siano considerati una minaccia per l'ordine e la sicurezza pubblica".[2]