Elezioni amministrative in Italia del 1920
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Le elezioni amministrative italiane del 1920 si svolsero tra fine ottobre e inizio novembre, e furono le prime dopo la conclusione della Grande guerra.
L'appuntamento interessò tutti i comuni e le province del vecchio territorio nazionale, essendo tutti gli enti andati in prorogatio a causa del prolungarsi del conflitto e dell'ulteriore rinvio dovuto alla norma che non permetteva di celebrare nello stesso anno le elezioni locali e quelle nazionali. Non vennero invece coinvolte le regioni appena conquistate, non essendo state ancora annesse per il dilungarsi delle trattative internazionali di pace.
Il vigente sistema elettorale maggioritario strutturava la competizione in maniera bipolare tra i Blocchi Nazionali (una coalizione, creata appositamente per queste amministrative e poi riproposta alle elezioni politiche del 1921, che comprendeva liberali di destra, popolari e fascisti) e una coalizione socialista. La principale variante a questo schema era una corsa tripolare col partito cattolico pronto a correre da solo dove si sentiva abbastanza forte da fare a meno dei blocchi borghesi. Il collegio unico delle comunali creava automaticamente in questo ambito larghe maggioranze consiliari, mentre a livello provinciale la ripartizioni per mandamenti poteva creare risultati più bilanciati.
Se a livello generale la vittoria fu appannaggio dei liberali, che conquistarono circa 3418 comuni su 6647 contro i 1915 dei socialisti e i 1314 dei popolari,[1] i successi rossi furono qualitativamente maggiori, poiché concentrati nelle grandi aree urbane più industrializzate e popolose.