Ugo Grozio
giurista, filosofo e scrittore olandese / Da Wikipedia, l'enciclopedia encyclopedia
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Hugo de Groot[2] (in olandese [ˈɦœyɣ də ɣroːt], latinizzato in Hugo Grotius, da cui l'italiano Ugone Grozio o, secondo la lezione più recente, Ugo Grozio) (Delft, 10 aprile 1583 – Rostock, 28 agosto 1645) è stato un giurista, filosofo, teologo, umanista, storico, poeta, filologo, nonché politico, di nazionalità olandese.
«Hugo Grotius, gravissimus philosophus et philologus præstantissimus.»
«Ugo Grozio, gravissimo filosofo e filologo prestantissimo[1].»
( Joh. Baptistae Vici, De universi iuris uno principio et fine uno, Neapolis, Felix Musca, 1720, p. 9.)
Considerato da Pufendorf come il fondatore della «scuola del diritto naturale»[3][4], giacché «prima di Ugo Grozio non ci fu nessuno che distinguesse rigorosamente i diritti naturali dai positivi, e si sforzasse di disporli in sistema chiuso e completo» (Eris Scandica, I[5]), col suo De iure belli ac pacis (1625) contribuì, durante i travagliati anni delle guerre di religione europee, alla formulazione del diritto internazionale moderno[6]. Nonostante il giudizio della critica contemporanea abbia ridimensionato l'originalità speculativa di Grozio[7][8], negandogli financo la qualità di filosofo[9], in sede storica, come ha osservato Fassò, non si può non riconoscere come la filosofia giuridica moderna faccia capo a lui, «involontario ma effettivo padre [...] di quello che viene chiamato il giusnaturalismo moderno»[10][11]. Gran parte dell'etica del Seicento e del Settecento, inoltre, ispirandosi al giusnaturalismo, può essere fatta indirettamente dipendere dalla dottrina groziana[12].
Versato negli studi umanistici (alla sua opera di filologo si devono, ad esempio, alcune edizioni di Marziano Capella, Arato di Soli, Teocrito[13], nonché una «splendida traduzione latina» dell'Antologia Planudea[14]) e teologici, tanto da essere giudicato «il più grande discepolo di Erasmo» (Cassirer[15]), Grozio inaugurò, con le sue Annotationes in Vetus et Novum Testamentum (1679[16][17]), l'epoca della «critica scientifica della Bibbia»[15], incentrata su una valutazione storica dei libri della Scrittura[18], profondendosi al contempo in un'importante attività apologetica (la cui più alta espressione è contenuta in uno scritto del 1627, il De veritate religionis christianae), tesa ad affermare, al di là delle divisioni religiose, il significato genuino del cristianesimo[19]. L'incontro di tradizione classica, specialmente stoica, e cristiana, retaggio dell'umanismo erasmiano, ha fatto assimilare l'opera groziana a una «sintesi [...] tra Cicerone ed il Vangelo» (Villey[20]).