Invasione della Cecoslovacchia da parte del Patto di Varsavia
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L'invasione della Cecoslovacchia da parte del Patto di Varsavia (nome in codice Operazione Danubio; in russo Операция «Дунай»?, operacija «Dunaj») fu l'operazione militare congiunta volta all'occupazione del territorio della Cecoslovacchia da parte di cinque Stati membri del Patto di Varsavia, ossia: Unione Sovietica, Polonia, Bulgaria e Ungheria; invasione posta in essere nella notte tra il 20 e il 21 agosto 1968.[23]
Operazione Danubio parte della Primavera di Praga | |||
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Carri armati T-55 sovietici con le strisce d'invasione circondati dalla folla cecoslovacca. | |||
Data | 20-21 agosto 1968 | ||
Luogo | Cecoslovacchia | ||
Causa | Primavera di Praga | ||
Esito | vittoria del Patto di Varsavia:
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Schieramenti | |||
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Comandanti | |||
Effettivi | |||
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Perdite | |||
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La Romania di Ceaușescu e l'Albania di Hoxha si rifiutarono di prendere parte all'operazione,[24][25] mentre le forze della Germania Est (RDT), fatta eccezione per un piccolo numero di specialisti, non parteciparono all'invasione vera e propria perché poche ore prima dell'operazione militare, dall'URSS arrivò l'ordine di non attraversare il confine cecoslovacco.[1][N 1]
Nella fase iniziale furono circa 250 000[7] le truppe del Patto a violare i confini della Cecoslovacchia, aumentando via via fino a raggiungere il numero di 500 000 nella sua fase finale.[6] 137 civili cecoslovacchi persero la vita[18] e 500 furono gravemente feriti durante l'occupazione.[18]
L'invasione riuscì nel suo scopo di fermare il processo di liberalizzazione avanzato da Alexander Dubček con la Primavera di Praga e rafforzò la supremazia dell'ala autoritaria all'interno del Partito Comunista di Cecoslovacchia (KSČ). Durante questo periodo, la politica estera dell'Unione Sovietica e dei suoi Stati satelliti seguiva le linee dettate dalla cosiddetta dottrina Brežnev.[26]