Italian Sounding
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Si definisce Italian sounding il fenomeno consistente nell’uso di parole così come di immagini, combinazioni cromatiche (il tricolore), riferimenti geografici, marchi evocativi dell’Italia per promuovere e commercializzare prodotti – soprattutto ma non esclusivamente agroalimentari – che in realtà non sono Made in Italy.
A spiegare il fenomeno nei termini suddetti sono da un lato l'Ufficio del Ministero dello sviluppo economico (MISE) denominato "Direzione Generale per la Tutela della Proprietà Industriale-Ufficio italiano brevetti e marchi" (DGTPI-UIBM)[1], dall’altro Federalimentare[2].
La locuzione “Italian sounding” ha iniziato ad avere una certa diffusione mediatica durante le battute finali di Expo 2015, quando Federalimentare, nell’ambito di un dibattito tenutosi al padiglione “Cibus è Italia” in merito al problema delle contraffazioni e dell’Italian sounding, ha chiesto al Governo italiano la costituzione di un “Osservatorio permanente sull’Italian sounding”[3].
I prodotti contraffatti violano marchi registrati o altri segni distintivi tutelati per legge come, ad esempio, le denominazioni di origine (DOC, DOP, DOCG, IGP, IGT, STG), perciò la contraffazione è perseguibile legalmente. Invece i prodotti Italian sounding non possono essere classificati come illeciti dal punto di vista strettamente giuridico, ma rappresentano comunque “un danno ingente per l’economia italiana e per le potenziali esportazioni del Made in Italy”[4]. L'Italian sounding è all'origine di un giro di affari mondiale di circa 55 miliardi di euro[5].