Libertà di parola
diritto politico di comunicare le proprie opinioni e idee / Da Wikipedia, l'enciclopedia encyclopedia
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La libertà di parola è considerata, nel mondo moderno, un concetto basilare nelle democrazie liberali. Il diritto alla libertà di parola non è tuttavia da considerarsi illimitato: i governi possono decidere di limitare particolari forme di espressione, come per esempio l'incitamento all'odio razziale, nazionale o religioso, oppure l'appello alla violenza contro un individuo o una comunità, che anche nel diritto italiano costituiscono reato[1].
Secondo il diritto internazionale, le limitazioni alla libertà di parola devono rispettare tre condizioni: devono essere specificate dalla legge, devono perseguire uno scopo riconosciuto come legittimo ed essere necessarie (ovvero proporzionate) al raggiungimento di quello scopo.
Il diritto alla libertà di espressione è stato riconosciuto come diritto umano nella Dichiarazione universale dei diritti umani[2] e nella Legge internazionale sui diritti umani delle Nazioni Unite (IHRL - International human rights law). Molti paesi hanno una legge costituzionale che protegge la libertà di parola. Termini come libertà di parola e libertà di espressione sono usati in modo intercambiabile nel discorso politico. Tuttavia, in senso giuridico, la libertà di espressione comprende qualsiasi attività di ricerca, ricezione e diffusione di informazioni o idee, indipendentemente dal mezzo utilizzato.
L'articolo 19 della Dichiarazione afferma che "tutti hanno il diritto di esprimere le proprie opinioni senza interferenze" e "tutti hanno il diritto alla libertà di espressione; questo diritto include la libertà di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee di ogni tipo, senza limiti di frontiera, sia oralmente, sia per iscritto, sia sotto forma d'arte, sia attraverso qualsiasi altro mezzo di sua scelta". La versione dell'articolo 19 dell'ICCPR successivamente modifica ciò affermando che l'esercizio di questi diritti comporta "doveri e responsabilità speciali" e può "quindi essere soggetto a determinate restrizioni" quando necessario "[per] o rispetto dei diritti o della reputazione di altri" o "[per] la tutela della sicurezza nazionale o dell'ordine pubblico (ordre public), o della sanità o della morale pubblica[3]".
La libertà di parola e di espressione, pertanto, potrebbe non essere riconosciuta come assoluta e limitazioni o limiti comuni alla libertà di parola riguardano diffamazione, calunnia, oscenità, pornografia, incitamento all'odio, informazioni riservate, violazione del copyright, segreti commerciali, etichettatura degli alimenti, diritto alla privacy, dignità, diritto all'oblio, pubblica sicurezza, blasfemia e falsa testimonianza. Le giustificazioni per ciò includono il principio del danno, proposto da John Stuart Mill in On Liberty, che suggerisce che "l'unico scopo per cui il potere può essere legittimamente esercitato su qualsiasi membro di una comunità civilizzata, contro la sua volontà, è prevenire danni agli altri"[4].
L'idea del "principio di offesa" viene utilizzata anche per giustificare le limitazioni del linguaggio, descrivendo la restrizione su forme di espressione ritenute offensive per la società, considerando fattori quali portata, durata, motivazioni di chi parla e facilità con cui potrebbero essere evitate[4]. Con l'evoluzione dell'era digitale, l'applicazione della libertà di parola diventa più controversa poiché nuovi mezzi di comunicazione e sorgono restrizioni, ad esempio il Golden Shield Project, un'iniziativa del Ministero della Pubblica Sicurezza del governo cinese che filtra dati potenzialmente sfavorevoli da paesi stranieri.
L’Iniziativa per la misurazione dei diritti umani (Human Rights Measurement Initiative)[5] misura il diritto all’opinione e all’espressione per i paesi di tutto il mondo, utilizzando un sondaggio condotto da esperti in diritti umani nazionali[6].