Metallurgia della civiltà romana
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La lavorazione dei metalli era conosciuta dalla popolazione della moderna Italia fin dall'Età del bronzo. Già dall'86 a.C., Roma aveva espanso il suo controllo sopra un'immensa parte del Mediterraneo, che includeva nove province: dall'Italia alle sue isole, alla Spagna, alla Macedonia, all'Africa, all'Asia Minore, alla Siria e alla Grecia. Per la fine del regno dell'Imperatore Costantino I, l'Impero romano si era ulteriormente espanso, fino a comprendere parte della Britannia, l'Egitto, tutta la parte della Germania a ovest del Reno, la Dacia, Norico, la Giudea, l'Armenia, l'Illyricum e la Tracia.[1] E mentre l'impero cresceva, anche il suo bisogno di metalli cresceva con esso.
La stessa Italia centrale non era ricca di minerali metalliferi, portando alla creazione di reti commerciali per soddisfare la richiesta di metalli della Repubblica. I primi Italiani ebbero qualche accesso alle miniere in Toscana e nelle regioni settentrionali della penisola (Gallia Cisalpina), oltre all'isola d'Elba e la Sardegna. Con la conquista dell'Etruria nel 275 a.C. e delle seguenti acquisizioni dovute alle guerre puniche, Roma ebbe l'opportunità di espandersi oltre, nella Gallia Transalpina e nella penisola iberica, entrambe ricche di risorse minerarie. All'apice dell'Impero romano, Roma utilizzò risorse minerarie che andavano dalla Mauretania Tingitana (nord-ovest Africa) fino all'Egitto, dall'Arabia alla parte nord dell'Armenia, dalla Galazia alla Germania, dalla Britannia alla penisola iberica, comprendendo tutte le coste del Mar Mediterraneo. La Britannia, l'Iberia, la Dacia e Norico erano tutte regioni di particolare importanza, dato che erano ricche di depositi minerali, e divennero grandi centri di sfruttamento di risorse.[1]
Ci sono prove che dopo la metà della durata dell'Impero ci fu un grande e improvviso declino dell'estrazione mineraria. Questo si riflesse in altri commerci e industrie, e sembra che il declino dell'economia sia stato il penultimo passo per la caduta di Roma stessa.[1]
Una delle più importanti fonti di informazioni romane è la Naturalis historia di Plinio il Vecchio, che morì nel 79 d.C. nell'eruzione del Vesuvio. Molti libri della sua enciclopedia trattano di metalli e minerali metalliferi, compresa la loro regolarità, importanza e sviluppo (sul territorio).[2]