Nazireato
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Il nazireato (in ebraico: נזיר, Nazir, cioè "consacrato", "separato"[1]) è, nella Bibbia, la consacrazione di un ebreo a Dio con il conseguente voto di seguire alcuni rigidi precetti di vita; il consacrato è detto nazireo, ma anche nazareo, nazirita, nazarita.
Gli obblighi inerenti a questo voto sono illustrati nella Bibbia, nel Libro dei Numeri (6,1-21[2]) e nel Libro dei Giudici (Gc13,1-14[3]): il nazireo non può mangiare cibi impuri né cibi provenienti dalla vigna.
Nello specifico,cfr. "Descrizione nella Bibbia" questo voto di nazireato richiedeva che l'uomo o la donna seguissero le seguenti regole:
- Astenersi dal vino, aceto di vino, uva, uva passa, liquori intossicanti,[4] aceto distillato da tali sostanze,[5] e dal mangiare o bere qualsiasi sostanza che contenga traccia d'uva.[6]
- Evitare di tagliarsi i capelli in testa, ma consentire alle ciocche di capelli di crescere.[7]
- Non diventare impuro/a toccando cadaveri o tombe (quindi non può partecipare a funerali né entrare in un cimitero), anche di membri di famiglia e parenti stretti.[8]
Dopo aver seguito queste regole per un determinato lasso di tempo (specificato al momento del voto individuale), la persona si immergeva in un mikveh e faceva tre offerte: una come offerta d'olocausto (olah, bruciata sull'altare del Tempio), una coppia di tortore o di piccioni (uno come offerta del peccato e l'altro come Olocausto) e un giovane montone come offerta per la colpa (shelamim), oltre ad un cesto di pane azzimo, grano e libagione, che accompagnavano l'offerta di pace. Il nazireo poi compiva davanti a un sacerdote il rito nel quale gli venivano rasati i capelli, che poi erano bruciati nello stesso fuoco come sacrificio di comunione (Numeri 6:18[9]).
Alcuni personaggi biblici, tuttavia, furono nazirei per tutta la vita "fin dal seno materno" (ab utero), come ad esempio l'eroe Sansone (Gc13,2-7[10]), uno dei Giudici d'Israele, al quale Dio donò una forza sovrumana proprio per la sua iniziale obbedienza ed osservazione del voto di nazireato (13,1-16,31[11]).
Nell'ebraico moderno la parola "nazir" viene comunemente usata per i monaci, sia cristiani che buddhisti - questo significato ha infatti rimpiazzato quello biblico originale. Da notare comunque che la tradizione dei "capelli lunghi" viene tuttora osservata con l'uso dei "payot" da parte di alcuni uomini e ragazzi delle comunità religiose ebraiche ortodosse, secondo l'interpretazione dell'ingiunzione biblica contro la rasatura degli "angoli" (in tondo) della propria testa.[12]