Paolo di Tarso
apostolo, martire e santo cristiano / Da Wikipedia, l'enciclopedia encyclopedia
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Paolo di Tarso, nato con il nome di Saulo e noto come san Paolo per il culto tributatogli (Tarso, 4[Nota 2] – Roma, 64 o 67[Nota 3]), è stato uno dei primi santi e martiri, equiparato agli Apostoli.
San Paolo | |
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Andrej Rublëv, Icona di San Paolo (1407 circa, 110x160 cm, Galleria Tret'jakov, Mosca) | |
Apostolo | |
Nascita | Tarso, 4 d.C. |
Morte | Roma, 67 d.C. |
Venerato da | Tutte le Chiese che ammettono il culto dei santi |
Santuario principale | Basilica di San Paolo fuori le mura, Roma |
Ricorrenza | 25 gennaio (festa della conversione di San Paolo) 29 giugno (solennità dei Santi Pietro e Paolo) 30 giugno (Commemorazione di San Paolo nella sola messa tridentina del rito romano) 18 novembre (dedicazione delle basiliche dei Santi Pietro e Paolo) |
Attributi | libro (rotolo o codice), fune, cesta, spada[Nota 1] |
Patrono di | Roma, Lazio, Grecia, Malta, Ponte San Pietro, Palazzolo Acreide, Solarino, Aversa, Villafranca di Verona, Lonate Ceppino, Provaglio d'Iseo, Brinzio, Massa Lombarda |
È stato l'«apostolo dei Gentili», ἐθνῶν ἀπόστολος,[1] ovvero il principale (secondo gli Atti degli Apostoli non il primo[2]) missionario del Vangelo di Gesù tra i pagani greci e romani. Secondo i testi biblici, Paolo era un ebreo ellenizzato, che godeva della cittadinanza romana. Non conobbe direttamente Gesù e, come tanti connazionali, avversava la neo-istituita Chiesa cristiana, arrivando a perseguitarla direttamente. Sempre secondo la narrazione biblica, Paolo si convertì al cristianesimo mentre, recandosi da Gerusalemme a Damasco per organizzare la repressione dei cristiani della città, fu improvvisamente avvolto da una luce fortissima e udì la voce di Gesù che gli diceva: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?".[3] Reso cieco da quella luce divina, vagò per tre giorni a Damasco, dove fu poi guarito dal capo della piccola comunità cristiana di quella città, Anania. L'episodio, noto come "conversione di Paolo", diede l'inizio all'opera di evangelizzazione di Paolo.
Come gli altri primi missionari cristiani, rivolse inizialmente la sua predicazione agli ebrei, ma in seguito si dedicò prevalentemente ai «Gentili». I territori da lui toccati nella predicazione itinerante furono in principio l'Arabia (attuale Giordania), poi soprattutto l'Acaia (attuale Grecia) e l'Asia minore (attuale Turchia). Il successo di questa predicazione lo spinse a scontrarsi con alcuni cristiani di origine ebraica, che volevano imporre ai pagani convertiti l'osservanza dell'intera legge religiosa ebraica, soprattutto la circoncisione. Paolo si oppose fortemente a questa richiesta e, con il suo carattere energico e appassionato, ne uscì vittorioso. Fu fatto imprigionare dai romani a Gerusalemme con l'accusa di turbare l'ordine pubblico. Appellatosi al giudizio dell'imperatore – come era suo diritto, in quanto cittadino romano – Paolo fu condotto a Roma, dove fu costretto per alcuni anni agli arresti domiciliari, riuscendo però a continuare la sua predicazione. Morì vittima della Persecuzione di Nerone e venne decapitato nel 64 d.C. o nel 67 d.C..
L'influenza storica di Paolo nell'elaborazione della teologia cristiana è stata enorme: mentre i Vangeli si occupano prevalentemente di narrare le parole e le opere di Gesù, le lettere paoline definiscono i fondamenti dottrinali del valore salvifico della sua incarnazione, passione, morte e risurrezione – ripresi dai più eminenti pensatori cristiani dei due millenni successivi. Paolo, nelle stesse lettere paoline, nel merito ci informa anche che alcuni "SuperApostoli" si rivolgevano alle stesse nuove comunità cui egli si rivolgeva insegnando una dottrina diversa, un "Gesù diverso" ed un "Vangelo diverso", da quelli che insegnava lui (2Corinzi 11,4-23).
Non esistono riferimenti archeologici diretti (come epigrafi) o testimonianze di autori extra-cristiani che si riferiscano direttamente alla vita e all'operato di Paolo. Le fonti storiche sono sostanzialmente di quattro tipi.
- Gli Atti degli Apostoli, parte del Nuovo Testamento, tradizionalmente attribuiti a Luca, ritenuto, secondo la dottrina, autore anche dell'omonimo vangelo.
Sono composti ambi in greco attorno agli anni 80. Infatti in essi non si narra la morte di Paolo avvenuta probabilmente intorno al 63-64 d.C. Le vicende di Paolo sono narrate principalmente nella seconda parte dello scritto (capitoli 9; 11; 13-28[5]): vi sono descritti i suoi viaggi missionari, a partire dalla sua conversione miracolosa sulla "via di Damasco" (collocabile intorno ai primi anni 30, cioè poco tempo dopo la crocifissione di Gesù) fino all'arrivo a Roma agli arresti domiciliari (intorno ai primi anni 60). In alcune sezioni (cosiddette sezioni noi), il racconto, passa ,dalla terza alla prima persona (16,10-17; 20,5-15; 21,1-18; 27,1-28,16[6]), lasciando ipotizzare che l'autore fosse compartecipe degli avvenimenti narrati. Attualmente molti studiosi, anche cristiani, ritengono inverosimile che Luca sia stato compagno di viaggio di Paolo[Nota 4]. Gli Atti hanno un finale brusco e non raccontano gli ultimi eventi di Paolo e il suo martirio; secondo alcuni studiosi perché interrotti nella loro stesura dall'incendio di Roma del 64 d.C. e dall'inizio della persecuzione dei cristiani.
- Le tredici lettere di Paolo, anch'esse raccolte nel Nuovo Testamento, sono scritte in greco. Si ritiene tradizionalmente che siano state redatte tra gli anni 50 e 60 – durante il ministero itinerante di Paolo e la successiva prigionia a Cesarea e/o Roma.
In epoca contemporanea, con lo svilupparsi del metodo storico-critico, sono stati sollevati dubbi circa l'autenticità di alcune di queste lettere. Dal punto di vista storico, comunque, la discussione sull'effettiva autenticità delle lettere dubbie – che difficilmente potrà arrivare a risultati chiari e condivisi basandosi sui soli dati intrinseci dei testi – non lede il ritratto della vita e dell'operato di Paolo: le lettere di dubbia paternità non sono infatti in contrasto col messaggio teologico contenuto nelle lettere sicuramente autentiche. Solo gli ultimi anni della sua vita, attorno agli anni sessanta e successivi all'arrivo a Roma descritto dagli Atti, possono essere ricostruiti in maniera differenziata, ammettendone o meno l'autenticità, ipotizzando dopo Roma un nuovo viaggio missionario in Oriente (Grecia e/o Turchia) o in Spagna.[7]
- Le fonti patristiche. Negli scritti di alcuni Padri della Chiesa, in particolare quelli di Clemente Romano (I secolo), Eusebio (IV secolo) e Girolamo (IV-V secolo), sono contenute alcune sporadiche informazioni su Paolo, che tendenzialmente confermano i dati del Nuovo Testamento.
- Gli apocrifi riferiti a Paolo: Atti di Paolo, Atti di Paolo e Tecla, Atti di Pietro e Paolo, Lettera dei Corinzi a Paolo, Lettere di Paolo e Seneca, Terza lettera di Paolo ai Corinzi, Apocalisse di Paolo greca e Apocalisse di Paolo copta. Data la redazione tarda, come per gli altri apocrifi del Nuovo Testamento, gli studiosi contemporanei considerano gli elementi narrativi di questi testi come elaborazioni leggendarie successive o come testi basati su scritti di epoca precedente.
Nelle sue prime apparizioni negli Atti il nome proprio usato è Saul (nell'originale greco, Σαούλ, Saùl,[8] oppure Σαῦλος, Sàulos,[9] traslitterazione dell'ebraico שאול, Shaʾùl). L'etimologia è connessa al verbo ebraico שאל, shaʾal (= «domandare», «pregare»): il nome significa dunque «colui che è stato chiesto (a Dio)», «colui per il quale si è pregato».[10] Il nome è lo stesso del primo re degli Ebrei, vissuto nell'XI secolo a.C. – nelle traduzioni italiane reso solitamente con «Saul». Questo nome non risulta essere ricorrente tra i personaggi successivi della tradizione biblica, probabilmente per la descrizione negativa che il Primo libro di Samuele fornisce dell'operato del re – inizialmente scelto da Dio tramite il profeta stesso. La tribù del re era quella di Beniamino – la stessa di Saul-Paolo (Rm 11,1; Fl 3,5[11]) – e il re Saul probabilmente poteva rappresentare per questa tribù minore una sorta di "eroe nazionale".
Nel suo epistolario, però, Paolo non si identifica mai con questo nome, anche se si dichiara appartenente alla tribù di Beniamino: il nome più ricorrente negli Atti, e l'unico usato nelle lettere, è Paolo (nell'originale greco, Παῦλος, Pàulos). Si tratta della traslitterazione greca del nome latino Paulus. L'etimologia -che significa "piccolo"- non è correlata al significato del nome ebraico in latino Saulus anche se potrebbe derivarne; sulla sua derivazione si sono fatte anche altre ipotesi:
- nell'Impero romano, gli Ebrei adottavano un secondo nome greco-latino, talvolta scelto per semplice assonanza con il nome originale (come per Giosuè-Giasone o Sila-Silvano). Si tratta dell'ipotesi maggiormente condivisa dagli studiosi;[12]
- la tradizione cristiana successiva lo ha collegato con la bassa statura di Paolo;[13]
- alcuni hanno ipotizzato che il nome Paolo sia stato assunto da Saulo in onore di Sergio Paolo, proconsole di Cipro – che, secondo At 13,6-12[14], si convertì al Cristianesimo –: infatti, nella narrazione degli Atti, l'introduzione del nome Paolo al posto di Saulo avviene proprio in occasione di tale incontro (13,9[15]).[16] L'ipotesi non trova attualmente largo consenso tra gli studiosi, i quali collegano il cambiamento onomastico non all'incontro fisico di Paolo con il proconsole, ma con il primo confronto dell'apostolo con il mondo greco-romano che questi rappresentava;
- ipotizzando, sulla base di alcune indicazioni di Girolamo,[17] una schiavitù degli antenati di Paolo e un successivo loro affrancamento, questo comportava l'assunzione automatica della cittadinanza romana e solitamente l'adozione del cognomen del vecchio proprietario.[18]
Nella Prima Lettera ai Corinzi, annuncia l'apparizione di Gesù risorto agli apostoli e ai Cinquecento. Dopo esser apparso a Cefa e agli altri, "ultimo fra tutti apparve anche a me, come a un aborto. [9] Io infatti sono l'infimo degli apostoli, e non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. [10] Per grazia di Dio però sono quello che sono"[19]. L'infimo degli apostoli potrebbe aver scelto questo nuovo nome proprio, dopo esser rinato nel battesimo, ed esser stato "chiamato ad essere apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio"[20], che è l'unico nome proprio utilizzato nella lettera per riferirsi a lui.
«Apostolo» è il titolo principale che Paolo si attribuisce nelle sue lettere (vedi ad esempio Rm 1,1; 1Cor 1,1; Ef 1,1; Col 1,1[21]) e che la tradizione cristiana successiva gli ha poi confermato; non gli è invece attribuito negli Atti. Il titolo è la traslitterazione del termine greco ἀπόστολος, apòstolos, che significa «inviato». In senso proprio, il titolo è applicato nei testi del Nuovo Testamento ai dodici apostoli che seguirono Gesù durante il suo ministero pubblico. Paolo, che non compare nei vangeli e che non fece parte del suo seguito, non può essere identificato come apostolo in tal senso – lui stesso specifica infatti in Rm 1,1[22] di essere «apostolo per vocazione». Come Paolo, del resto, anche altri personaggi del Nuovo Testamento sono detti «apostoli», sebbene non lo siano stati in senso proprio (Barnaba in At 14,14[23]; Andronico e Giunia in Rm 16,7[24]; Sila e Timoteo vescovo in 1Ts 1,1; 2,6[25]; Apollo in 1Cor 4,9[26]). In alcuni passi (Rm 11,13; Gal 2,8[27]), Paolo si definisce «apostolo dei Gentili».
In At 9,11; 21,39; 22,3[28], Paolo è detto «di Tarso», essendo originario di quella città della Cilicia, nell'attuale Turchia del Sud.
Origini etniche
Paolo nasce a Tarso, in attuale Turchia nel 4 d.C. da una famiglia benestante ebrea. Paolo era ebreo, della tribù di Beniamino (Rm11,1; Fl3,5[29]). Sebbene il territorio tradizionale della tribù fosse collocato nel centro della Palestina, poco a nord di Gerusalemme tra la Giudea e la Samaria, quest'appartenenza etnica non era correlata alla zona geografica in quanto lungo i secoli il significato territoriale si era progressivamente perso. È il caso, ad esempio, di Giuseppe e Gesù, della tribù di Giuda e della casa di Davide (sud della Palestina), che vivevano però a Nazaret, nel nord della Palestina.
Cittadinanza romana
Paolo era, per nascita, cittadino romano (At16,37-38; 22,25-29; 25,7-12[30]). Fino all'Editto di Caracalla del 212 d.C., la cittadinanza romana era riservata a chi nasceva nella penisola italica da genitori liberi; gli altri abitanti dell'impero erano peregrini e per loro ottenere la cittadinanza romana era piuttosto difficile (uno dei metodi più diffusi era l'aver militato nell'esercito romano fino all'età per il congedo). Dalla cittadinanza romana discendevano notevoli diritti: solo i cittadini romani potevano partecipare ai comizi e ricoprire cariche pubbliche; erano esentati dai tributi che invece gravavano sui provinciali; potevano accedere alla tutela giurisdizionale secondo le norme del diritto civile, il che includeva il diritto a un processo in caso di accuse criminali.
Poiché Paolo non era nato nella penisola italica e non aveva militato nell'esercito, non è chiara l'origine di questo suo status. Su questo argomento sono state elaborate diverse ipotesi:
- gli avi di Paolo, risiedendo a Tarso, beneficiarono del privilegio concesso ad alcuni Ebrei della Cilicia durante la campagna di Cesare contro Farnace, nel 47 a.C. circa;[31]
- gli avi di Paolo, risiedendo a Tarso, ottennero la cittadinanza in occasione di diversi privilegi concessi ai cittadini di Tarso da Marco Antonio dopo la vittoria a Filippi del 42 a.C.;
- il padre (o il nonno) di Paolo, fabbricatore di tende, si distinse per l'aiuto militare fornito all'esercito romano durante una campagna militare di Cesare, Antonio o Pompeo e ottenne in riconoscimento la cittadinanza;[32]
- i genitori di Paolo furono condotti come prigionieri di guerra dalla città giudea di Giscala a Tarso (vedi Girolamo), divennero schiavi di un romano e furono affrancati, ricevendo automaticamente la cittadinanza;[18]
- Paolo faceva parte della famiglia regale degli Erodiani,[33] all'antenato dei quali (Erode Antipatro) fu concessa da Cesare la cittadinanza.[34] Accenni (vaghi) a questo legame familiare sarebbero riscontrabili in At13,1; Rm16,10-11[35]. Questa ipotesi non gode di largo consenso tra gli studiosi, anche per l'estraneità che traspare dall'incontro tra Paolo e l'erodiano Marco Giulio Agrippa II in At26[36].
Lingue conosciute
Paolo appare un ebreo perfettamente ellenizzato. Come tutti gli Ebrei, conosceva l'ebraico, lingua nella quale è composta la Tanakh, che all'inizio dell'era cristiana non era più usata nella vita quotidiana, ma riservata al culto religioso. Lingua vernacolare degli Ebrei in Palestina (tra i quali Gesù) era l'aramaico, alla quale si riferisce verosimilmente At21,40[37]: il testo originale usa il termine "ebraico" che va però inteso come "lingua degli Ebrei", cioè l'aramaico. Conosceva il greco, lingua franca della parte orientale dell'Impero romano, nella quale sono composte le sue lettere, cosa non comune tra gli Ebrei e che destò meraviglia nel tribuno di Gerusalemme (At21,37[38]). In quanto cittadino romano doveva conoscere il latino, ma non ve n'è traccia diretta nei passi neotestamentari (nel greco delle lettere pastorali che, se autentiche, furono scritte a Roma, sono presenti alcuni latinismi[39]). Circa i dialetti locali parlati nella zona di Tarso, ufficialmente ellenista ma situata al confine tra l'area linguistica indoeuropea (greco e galata) e semita (siriaco, una variante dell'aramaico), attualmente estinti e poco conosciuti, non sembra che Paolo ne avesse conoscenza. In At14,11[40] mostra di non comprendere il dialetto della Licaonia, regione confinante a nord con la sua Cilicia natale.
Formazione culturale
Sebbene nelle fonti non venga direttamente affermato, Paolo dimostra di avere ricevuto una solida formazione greco-ellenista, probabilmente nella prima giovinezza nella natale Tarso importante centro culturale o in seguito a Gerusalemme.[41] Il geografo greco Strabone (58 - 21,25 a.C.) in Geografia, 14, V, 13. sostiene infatti che Tarso come centro culturale superava in quel periodo perfino Atene e Alessandria, tanto che Paolo parlando della città natale, a un comandante militare, poté ben dire che era "una non oscura città" At21, 37-39[42]. Nelle sue lettere e nella sua predicazione riferita negli Atti, traspare la conoscenza della Bibbia in greco (Septuaginta), il metodo retorico della diatriba (Rm2,27-3,8[43]), alcune citazioni implicite di concetti e pensatori ellenisti: i temi stoici dell'autosufficienza in 2Cor9,8; Fl4,11-12[44], dell'immanenza di Dio in Rm11,36; Col1,16[45], della "teologia naturale" in Rm1,19-20[46]; la "moderazione" cinica in 1Ts2,1-8[47]; Epimenide e in At17,28[48] citando Fenomeni del poeta cilicio Arato di Soli e Inno a Zeus del filosofo stoico greco Cleante; Menandro in 1Cor15,33[49]; la conoscenza delle "cose invisibili", le idee di Platone, in 2Cor4,18; 5,7; Col1,5[50]; l'uso dell'allegoria com'è usata da Filone, ad esempio in Gal4,24-26[51].[52]
Formazione religiosa
L'ebreo Paolo appare innanzitutto come un laico, cioè non appartenente a nessuna delle classi sacerdotali che gestivano il culto del tempio di Gerusalemme. In Fl3,5[53] si definisce «fariseo quanto alla legge» (v. anche At23,6; 26,5[54]), cioè facente parte di quel movimento che si era sviluppato pochi secoli prima dell'era cristiana e che nel I secolo era fortemente contrapposto al movimento aristocratico-sacerdotale dei sadducei su diversi aspetti dottrinali: diversamente da questi ultimi, i farisei accettavano l'immortalità dell'anima, l'esistenza degli angeli, gli altri libri della Tanakh e una tradizione orale (poi confluita nei Talmud), oltre ai cinque della Torah e adottavano un'interpretazione delle scritture tendenzialmente meno rigorosa e rigida, più vicina alle esigenze del popolo. I farisei si formavano in scuole collegate alle sinagoghe, cioè luoghi di culto da loro gestiti e presenti ovunque vi fossero comunità giudaiche. In queste scuole tutti gli Ebrei imparavano a leggere le scritture ebraiche e i fondamenti della dottrina. È verosimile che Paolo abbia iniziato la sua formazione farisaica in una di queste scuole a Tarso e secondo At22,3[55] continuò e perfezionò gli studi a Gerusalemme presso l'autorevole maestro Gamaliele. Dalle sue lettere traspaiono i metodi argomentativi tipici delle scuole rabbiniche del tempo, testimoniati poi nei Talmud, come, ad esempio, la gezerah shavah ("decreto simile"), che accosta argomentativamente a un passo biblico un altro per un semplice legame di similitudine-analogia (si veda Rm9,6-28[56] o 3,1-5,12[57]). L'appartenenza di Paolo al Sinedrio, che sembra essere suggerita da At26,10[58] è solitamente esclusa dai biblisti (vedi infra). At18,18[59] indica che Paolo era un nazireo, cioè aveva fatto uno speciale voto di consacrazione a Dio, che implicava una vita particolarmente sobria e rigorosa e il portare i capelli lunghi.
Aspetto fisico
Non ci è noto quale aspetto avesse. Il nome Paolo ("piccolo") non deriva dalla statura, come inteso dall'iconografia successiva, ma verosimilmente dall'assonanza con "Saulo" (vedi sopra). La più antica descrizione fisica a lui riferita (influenzata, forse, dalla tradizionale bruttezza attribuita a Socrate) è contenuta nell'apocrifo Atti di Paolo e Tecla, della seconda metà del II secolo, nel quale si legge che "era un uomo di bassa statura, la testa calva, le gambe arcuate, il corpo vigoroso, le sopracciglia congiunte, il naso alquanto sporgente".[61] Come per questo e altri apocrifi, la datazione tardiva rende difficile attribuire un effettivo valore storico al testo e a questa descrizione di Paolo. Difficilmente fondata è anche la notizia riportata in uno scritto del V secolo, tradizionalmente ma erroneamente attribuito a Giovanni Crisostomo, che attribuisce a Paolo la statura di 3 cubiti (circa 133 cm).[62]
Altri testi sono ancora più tardivi. Giovanni Malala (VI secolo) riporta questa descrizione: "Paolo mentre visse fu di statura bassa, calvo con testa e barba brizzolate, con bel naso, occhi azzurrognoli, sopracciglia congiunte, carnagione bianca, d'aspetto florido, con barba folta, sorridente per carattere, sapiente, mite, affabile, dolce, animato dallo Spirito Santo, taumaturgo".[63] Niceforo Callisto (XIV secolo) descrive così Paolo: "Era piccolo e ristretto quanto a grandezza corporea, fatto come a curva e un po' ripiegato, di bianco aspetto, con segni di un'età precocemente avanzata, con testa priva di capelli, sguardo pieno di grazia, sopracciglia piegate in giù: aveva il naso bellamente incurvato e che dominava tutta la faccia, barba folta e piuttosto aguzza ch'era brizzolata come la testa".[64]
L'unico dato desumibile dai passi del Nuovo Testamento, certo ma generico, è che Paolo era afflitto da una malattia (1Cor2,3-4; 2Cor10,10; 12,7; Gal4,13-14[65]). Sull'effettiva diagnosi di questa "spina nella carne" non è possibile dare risposte precise e sono state ipotizzate,[66] oltre a generiche tentazioni carnali, epilessia (derivante dall'esperienza della conversione), isteria, emicrania, depressione, sciatica, reumatismi, sordità, lebbra, balbuzie, un disturbo agli occhi (così Joseph Lightfoot sulla base di Gal4,15[67])[68].
Legami familiari
Il Nuovo Testamento non fornisce informazioni dirette intorno alla famiglia di Paolo. Questa risiedeva verosimilmente a Tarso, dove egli nacque, e, come accennato sopra, è possibile che fosse originaria di Giscala, in Giudea. L'attività lavorativa familiare era, verosimilmente, come per Paolo, la manifattura di tende.[senza fonte] In At23,16[69] (probabilmente attorno al 58) viene fatto cenno al "figlio della sorella di Paolo", presente a Gerusalemme, ed è possibile che questa (forse con altri familiari) si fosse trasferita nella città. Circa lo stato civile di Paolo, in nessun passo si accenna a moglie o a figli e in 1Cor7,8[70] (inizio anni 50) si dichiara celibe.
La ricostruzione cronologica della vita e del ministero di Paolo, come per tutti i personaggi del Nuovo Testamento (incluso Gesù), è in gran parte ipotetica. La narrazione degli Atti, che descrive in maniera particolareggiata il suo ministero pubblico con alcuni accenni al mondo greco-romano, unita ad alcune preziose seppur sporadiche integrazioni cronologiche presenti nelle lettere di Paolo e in altri scritti successivi, permette tuttavia di ricostruire un quadro verosimile, condiviso nelle linee fondamentali da biblisti e storici contemporanei.
Talvolta si riscontrano differenze tra le lettere e gli Atti: p.es. in Gal1,17[71] Paolo accenna a un viaggio in Arabia (attuale Giordania) dopo la conversione, particolare assente nella narrazione di Atti. In questi casi gli studiosi propendono per l'armonizzazione complementare delle fonti.[senza fonte]
Molti altri studiosi, anche cristiani, ritengono invece che le differenze non siano armonizzabili e, ad esempio, la Bibbia di Gerusalemme[72] rileva che, rispetto alla componente narrativa e teologica di Luca, "il valore storico degli Atti degli Apostoli non è uguale. Da una parte le fonti di cui Luca disponeva non erano omogenee; dall'altra, nell'utilizzo delle sue fonti Luca godeva di una libertà abbastanza vasta [...] e subordinava i dati storici al suo disegno letterario e soprattutto ai suoi interessi teologici [...] si constata un certo contrasto tra il ritratto di Paolo delineato negli Atti e l'autoritratto che Paolo dà di sé nelle sue lettere"[Nota 5].
Tra gli esempi delle incongruenze tra gli Atti degli Apostoli e le lettere paoline, Paolo narra nella Lettera ai Galati[73] che, dopo la sua conversione a Damasco, in questa città non parlerà con nessuno e aspetterà tre anni - intraprendendo un viaggio in Arabia - prima di recarsi a Gerusalemme, dove si incontrerà solo con Pietro e poi Giacomo; tale versione non concorda con quella fornita negli Atti degli Apostoli[74] in cui, al contrario, Paolo, successivamente alla sua conversione, da Damasco - dopo aver passato invece alcuni giorni in questa città a parlare e predicare agli Ebrei - si reca subito a Gerusalemme dove incontrerà tutto il gruppo degli apostoli; il "Nuovo Grande Commentario Biblico"[75] sottolinea, in merito, come negli Atti "la principale divergenza dal racconto che Paolo fa del suo primo periodo è la omissione del suo soggiorno in Arabia (Gal1,17), il che colloca la conversione e la prima visita a Gerusalemme, molto più vicine l'una all'altra che non i «tre anni» di cui parla Gal1,18"[Nota 6].
Paolo, sempre nella stessa lettera[76], fa riferimento al suo viaggio a Gerusalemme, dove si terrà il concilio, come del suo secondo viaggio nella città, mentre secondo gli Atti degli Apostoli[77] per Paolo questo è il terzo viaggio nella città e l'interconfessionale Bibbia TOB[78] evidenzia come "in Atti si tratta di un terzo viaggio, mentre in Gal di un secondo e, d'altra parte, i due racconti presentano importanti divergenze. Se riguardano gli stessi avvenimenti, il rispettivo punto di vista è molto diverso" e, per risolvere uno dei problemi esegetici più difficili del Nuovo Testamento, la seconda visita di Gal2,1-10 può essere identificata con la terza di At15[Nota 7].
Anche nel racconto lucano della Controversia di Antiochia[77] si possono riscontrare delle incongruenze con le lettere paoline - relative ad esempio al decreto circa le osservanze della purità rituale, imposte ai cristiani provenienti dal paganesimo[79] - e la Bibbia di Gerusalemme[80] ritiene che una spiegazione possibile potrebbe essere che "Luca ha fuso insieme due distinte controversie e le differenti soluzioni che ne furono date (Paolo ha distinto più chiaramente in Gal 2)"[Nota 8].
Incongruenze nella narrazione degli Atti degli Apostoli, come meglio evidenziato nella relativa sezione, si riscontrano altresì in merito ai tre diversi resoconti sulla conversione di Paolo[81].
Il punto più oscuro della sua vita riguarda gli ultimi anni successivi alla prigionia romana, attorno ai primi anni sessanta, attorno ai quali le ricostruzioni possibili vertono sulla possibilità di una seconda prigionia, più dura della prima e sulla eventualità di un altro viaggio, in oriente o in Spagna.
CE[82] | BG[83] | TOB[84] | DP[85] | RF[86] | Evento | Redazione lettere | Atti | Lettere | Eventi correlati |
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- | 5-10 | 5-10? | - | 5-10 | Nascita a Tarso | - | 22,3[87] | - | - |
- | - | - | - | - | Trasferimento a Gerusalemme | - | 22,3; 26,4[88] | - | - |
35 | 34 o 36 | c. 37 | c. 33 | 34-35 | Poco dopo il martirio di Stefano,[Nota 10] conversione sulla via di Damasco e battesimo | - | 9,1-19[89], ripreso in 22,4-21;26,9-18[90] | Gal1,15-16[91] | - |
35-37 | - | c. 37-39 | - | - | Predicazione in Arabia e a Damasco | - | 9,19-25[92] | Gal1,17[93] | - |
37 | 36 o 38 | c. 39 | 35 | 36-37 | Fuga da Damasco controllata dal re nabateo Areta IV; prima breve ("15 giorni") visita a Gerusalemme "dopo 3 anni"[94] dalla conversione |
- | 9,25-30[95] | 2Cor11,32-33[96]; Gal1,18-20[97] |
Governo di Areta IV su Damasco (forse) tra il 37-39[98] |
37-43 | - | - | 35+ | - | Soggiorno a Tarso, predicazione in Siria e Cilicia | - | 9,30[99] | Gal1,21[100] | - |
43-44 | - | c. 43 | 45 | - | Barnaba porta Paolo da Tarso ad Antiochia di Siria, soggiorno un anno intero | - | 11,25-26[101] | - | - |
44 o 45 | 48 | - | 46 | - | Visita (coincidente con la successiva visita del Concilio?[102]) a Gerusalemme "per portare soccorso" all'annunciata carestia, morte di Erode,[103] ritorno ad Antiochia | - | 11,27-30; 12,21-25[104] | - | Erode Agrippa I muore nel marzo del 44. Carestia in diverse zone dell'impero durante l'impero di Claudio (41-54), in Giudea in particolare sotto i governatori Cuspio Fado (44-46) e Tiberio Giulio Alessandro (46-48), aggravata dall'anno sabbatico del 47-48[105] |
45-49 | 46-48 | 45-48 | 47-48 | 46-48 | Primo viaggio con Barnaba (e in parte Giovanni-Marco): Cipro (incontro con Sergio Paolo), Antiochia di Pisidia, Iconio, Listra, Derbe; ritorno tramite le stesse tappe ad Antiochia di Siria | - | 13-14[106] | - | Sergio Paolo proconsole di Cipro |
49-50 | - | 48-49 | 48-49 | 49-50 | Visita a Gerusalemme e Concilio "dopo 14 anni"[94] e ritorno ad Antiochia | - | 15,1-35[107] | Gal2,1-9[108] | - |
50+ | 49+ | 50+ | 49+ | 50+ | Inizio del secondo viaggio con Sila-Silvano: Siria, Cilicia, Derbe, Listra, Filippi, Tessalonica, Berea, Atene | - | 15,36-18,1[109] | - | - |
- | inverno 50 - estate 52 | inverno 50 - estate 52 | - | - | Soggiorno a Corinto (almeno) "un anno e mezzo", incontro con Aquila e Priscilla espulsi poco prima da Roma, incontro col proconsole Gallione | Prima e Seconda lettera ai Tessalonicesi a Corinto | 18,1-18[110] | - | Espulsione degli Ebrei da Roma, tra i quali Aquila e Priscilla, nel 49-50;[111] Gallione proconsole dell'Acaia attorno al 52 (vedi Iscrizione di Delfi), "data cardine" della cronologia paolina. |
53 | 52 | 52 | 51-52 | 52 | Fine del secondo viaggio: Efeso, Cesarea, visita a Gerusalemme | - | 18,18-22[112] | - | - |
- | - | 52-53 | 51-52 | - | Ritorno e permanenza ad Antiochia | - | 18,22[113] | - | - |
53+ | 53+ | 54+ | 52+ | 53+ | Inizio del terzo viaggio: Galazia, Frigia, soggiorno a Efeso per (almeno) 2 anni e 3 mesi, probabile prigionia con liberazione, Macedonia | Prima lettera ai Corinzi a Efeso; Lettera ai Galati e Lettera ai Filippesi a Efeso; Seconda lettera ai Corinzi in Macedonia |
18,23-20,1[114] | - | - |
57 | inverno 57-58 | inverno 57-58 | 57 | - | Soggiorno a Corinto per 3 mesi | Romani | 20,2-3[115] | - | - |
57 | Pasqua 58 | Pasqua 58 | - | 57 | Fine del terzo viaggio: da Filippi a Cesarea | - | 20,3-21,14[116] | - | - |
57 | Pentecoste 58 | Pentecoste 58 | 57 | - | Visita a Gerusalemme, arresto nel tempio, condotto a Cesarea dove incontra il governatore Felice | - | 21,15-24,26[117] | - | Felice governatore di Giudea (forse) tra il 52 - 59/60 |
57-59 | 58-60 | 58-60 | 57-59 | 58-60 | Prigioniero due anni a Cesarea, incontra il governatore Porcio Festo e il re Marco Giulio Agrippa II | - | 24,27-26,32[118] | - | Porcio Festo governatore di Giudea (forse) tra il 59/60 - 62 |
59-60 | 60-61 | 60-61 | 59-60 | 60 | In autunno viaggio in mare verso Roma, naufragio, inverno a Malta, arrivo a Roma | - | 27,1-28,16[119] | - | - |
60-62 | 61-63 | 61-63 | 60-62 | 61-63 | Arresti domiciliari a Roma per (almeno) 2 anni | Colossesi, Efesini, Filemone? | 28,17-31[120] | - | - |
62-66 | - | ? | - | - | Libertà e predicazione a Roma? viaggio in Spagna (BG 63)? quarto viaggio a Efeso, Creta, Macedonia (BG c. 65)? |
Prima lettera a Timoteo e Lettera a Tito in Macedonia nel 65? (BG) | - | - | - |
66 | 67 | ? | - | - | Seconda prigionia a Roma? | Seconda lettera a Timoteo? | - | - | - |
67 | c. 67 | 64-67 (?) | 65? | 63 | Decapitato a Roma | - | - | - | - |