Processo civile per l'attentato di via Rasella
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Sulla base della qualificazione dell'attentato di via Rasella come atto illegittimo operata dalla sentenza di primo grado del processo Kappler, nel 1949 diverse persone variamente danneggiate dall'attentato e dalle sue conseguenze intrapresero un'azione civile presso il Tribunale di Roma, al fine di ottenere il risarcimento dei danni da parte dei responsabili dell'azione gappista. Il processo, conclusosi nel 1957 con una pronuncia delle Sezioni unite civili della Corte di cassazione, vide la soccombenza degli attori in tutti e tre i gradi di giudizio.
Le diverse pronunce affermarono, limitatamente all'ambito dell'ordinamento giuridico italiano, la legittimità dell'azione gappista quale atto di guerra, sempre negata sul piano del diritto internazionale bellico nei precedenti processi agli ufficiali tedeschi responsabili dell'eccidio delle Fosse Ardeatine. Secondo l'iter argomentativo seguito dai giudici, l'attribuzione dell'attentato allo Stato italiano (già affermata nel processo Kappler), derivante dal riconoscimento del Comitato di Liberazione Nazionale e delle formazioni partigiane quali organi dello Stato italiano, ne determinava la legittimità nell'ordinamento italiano. Conseguentemente, furono negate la sussistenza della responsabilità civile dei partigiani e la risarcibilità dei danni derivati dalla loro attività.
L'attribuzione dell'attentato allo Stato italiano fu operata principalmente sulla base di una serie di decreti legislativi luogotenenziali emanati a partire dall'aprile 1945 dai governi Bonomi III e Parri, i primi esecutivi formati dai partiti antifascisti del CLN. Nel 1950, durante il giudizio di primo grado, l'attribuzione dell'attentato allo Stato venne poi ulteriormente rafforzata dal conferimento – su iniziativa del capo del governo Alcide De Gasperi – di medaglie d'argento al valor militare ad alcuni dei gappisti coinvolti, con motivazioni che facevano specifico riferimento all'azione del 23 marzo 1944.
Più di quarant'anni dopo, le argomentazioni poste a fondamento del verdetto civile furono riprese dalla Corte di cassazione penale, che nel 1999 dispose l'archiviazione di un procedimento penale a carico di tre ex gappisti per non previsione del fatto come reato.