Storia dell'omosessualità in Russia
Da Wikipedia, l'enciclopedia encyclopedia
La storia delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT) in Russia e nei suoi antecedenti storici (cioè l'Unione Sovietica e l'Impero russo) è stata ampiamente influenzata dalle tendenze politiche del tempo e via via dai livelli di liberalismo e/o tolleranza dei suoi governanti. È stata inoltre variamente influenzata dalla natura storicamente proibitiva della religiosità ortodossa russa (vedi omosessualità e Chiesa ortodossa) per quanto riguarda la sessualità.
L'omosessualità è stata documentata in Russia per secoli; i primi divieti dell'espressività omosessuale documentati e datati con qualche certezza risalgono all'inizio ed alla metà del XVII secolo. Il diplomatico e scrittore Grigorij Karpovič Kotošikhin ebbe a registrare che durante il regno dello zar Alessio Michajlovič gli omosessuali maschi venivano messi a morte, affermando che anche le donne lesbiche potevano finire sul rogo[1].
I tentativi governativi di prevenire le pratiche omosessuali ebbero inizio con il XVIII secolo, con lo zar Pietro il Grande il quale vieta le relazioni omosessuali all'interno delle forze armate nel 1716, come parte integrante del suo tentativo di modernizzare il paese. Nel 1832 un'ulteriore legislazione in senso restrittivo venne promulgata per criminalizzare alcuni atti sessuali commessi tra due maschi (specificamente il sesso anale); tuttavia in quello stesso secolo in Russia si sviluppò una vera e propria sottocultura, con molti personaggi conosciuti di nome e di fama che s'atteggiavano apertamente come bisessuali.
Nel 1917 la rivoluzione d'ottobre ha veduto il rovesciamento violento del governo zarista e la successiva formazione della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa - il primo paese al mondo in cui il socialismo divenne dottrina di Stato - e seguita dalla fondazione dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, dopo la fine della guerra civile russa nel 1922.
Il nuovo governo, dominato dal Partito Comunista dell'Unione Sovietica, debellò le vecchie leggi in materia di relazioni sessuali, giungendo così di fatto a legalizzare l'attività omosessuale in tutta la Russia, anche se essa rimase illegale in altri ex territori dell'impero (ad esempio in Asia centrale). Sotto il comando di Lenin furono autorizzati a servire nel governo anche coloro che erano apertamente e dichiaratamente omosessuali.
Nel 1933 il governo sovietico, sotto la guida di Iosif Stalin, tornò a criminalizzare l'attività omosessuale con condanne ai lavori forzati fino a cinque anni. Nella metà degli anni cinquanta, con l'avvio della destalinizzazione, cominciò una certa liberalizzazione degli atteggiamenti nei confronti delle questioni sessuali in tutta l'Unione sovietica, ma gli atti omosessuali continuarono a rimanere illegali. Nonostante ciò, la cultura gay diventava sempre più visibile, in particolare dopo la politica della glasnost' e della perestrojka attuata dal governo di Michail Gorbačëv a partire dalla metà degli anni ottanta del XX secolo.
Dopo il crollo dell'URSS e la fondazione della Federazione russa nel 1991, il Consiglio d'Europa mise sotto pressione la nuova amministrazione perché legalizzasse l'omosessualità, portando il presidente Boris Eltsin a farlo nel 1993. Tuttavia, continuano a sussistere ancora diverse restrizioni sulle attività legate all'omosessualità.
L'omosessualità in Russia è stata a lungo un tabù e un oggetto di persecuzione. È stata depenalizzata nel 1917 per poi tornare nel 1933 ad essere un crimine. Nel 1993 le leggi sono state nuovamente modificate per legalizzare l'omosessualità. Tuttavia, nel 2013, il presidente Vladimir Putin ha promosso una serie di leggi nocive e discriminatorie contro le persone che parlino pubblicamente di omosessualità[2].