Storia dell'omosessualità nel mondo antico
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Il termine omosessualità risale alla seconda metà del XIX secolo[1], pertanto non sarebbe tecnicamente valido utilizzarla per studiare i periodi precedenti, soprattutto per quanto riguarda le epoche antiche in cui non vigeva né storicamente né socialmente ancora alcuna opposizione tra eterosessualità e omosessualità come antitetica ad essa; il dato discriminante era invece costituito in maniera essenziale dal ruolo assunto all'interno del rapporto sessuale, cioè l'essere attivo e passivo nel sesso[2]: normalissimo per un "vero uomo" antico era il desiderare sia una donna che un ragazzo, essendo importante solo assumere di necessità il ruolo attivo-maschile.
Tra i modelli d'interpretazione storica oggi più comunemente accettati sono quelli che si basano sui lavori del britannico Kenneth Dover (col suo L'omosessualità nella Grecia antica, 1978) e del francese Michel Foucault (1926-1984); nella sua Storia della sessualità; quest'ultimo sostiene che il concetto di omosessualità non sia mai esistito - almeno come lo si intende oggi - nel mondo antico, in quanto non ci si definiva in base a criteri naturali o ideologici (di identità di genere o differenza sessuale), ma invece in base a criteri eminentemente sociali, vale a dire l'equilibrio tra l'utilizzo di un'altra persona per il proprio piacere sessuale e la sua posizione all'interno della struttura sociale predominante[3].
Questa teoria-corollario rimane però da alcuni ancora parzialmente e fortemente contestata: sostanzialmente da John Boswell (già nel 1994) e poi, più recentemente, anche dal giornalista televisivo James Davidson (nel 2007).