Operazione Priboi
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Operazione Priboi fu il nome in codice per la deportazione di massa dagli Stati baltici compiuta dai sovietici tra il 25 e il 28 marzo 1949. L'operazione è anche conosciuta come la deportazione di marzo da parte degli storici baltici. Oltre 90 000 tra estoni, lettoni e lituani, etichettati come nemici del popolo, furono deportati in campi di lavoro forzato situati in aree remote dell'Unione Sovietica.
Descritta come campagna di dekulakizzazione, l'operazione ebbe lo scopo di facilitare la collettivizzazione ed eliminazione della base di supporto per la resistenza armata dei Fratelli della foresta contro l'occupazione sovietica.[1] L'operazione raggiunse i suoi scopi entro la fine del 1949 in Lettonia ed Estonia mentre in Lituania i progressi furono più lenti e i sovietici organizzarono un'altra grande deportazione chiamata operazione Osen verso la fine del 1951. Durante la destalinizzazione e il disgelo i deportati furono rilasciati e alcuni riuscirono a tornare in patria[2] anche se un gran numero di loro discendenti vive ancora oggi nelle città e nei villaggi siberiani.[3]
Il tasso di mortalità per i deportati è stato stimato oltre il 30%.[2] A causa dell'alto tasso di mortalità dei deportati durante i primi anni del loro esilio, causato dal fallimento delle autorità sovietiche nel fornire condizioni di vita adeguate, alcune fonti considerano queste deportazioni un atto di genocidio.[4][5][6] La Corte europea dei diritti dell'uomo ha dichiarato che la deportazione di marzo costituisse un crimine contro l'umanità.[7]