Uno psicologo nei lager
libro autobiografico di Viktor Frankl del 1946 / Da Wikipedia, l'enciclopedia encyclopedia
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Uno psicologo nei lager (Ein Psychologe erlebt das Konzentrationslager, prima edizione 1946, Verlag für Jugend und Volk, Austria), è una delle principali pubblicazioni di Viktor Frankl (1905-1997), neurologo e psichiatra austriaco di origini ebraiche, sopravvissuto alla prigionia nei campi di concentramento di Theresienstadt, Auschwitz, Kaufering III e Turckheim.
Uno psicologo nei lager | |
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Titolo originale | Ein Psychologe erlebt das Konzentrationslager |
Autore | Viktor Frankl |
1ª ed. originale | 1946 |
Genere | saggio |
Sottogenere | psicologia |
Lingua originale | tedesco |
Ambientazione | Theresienstadt, Auschwitz, Kaufering III e Turckheim, 1942-1945 |
Protagonisti | Viktor Frankl |
«L'uomo può essere nel suo intimo più forte del destino che gli viene imposto dall'esterno[1]»
La prima edizione di Ein Psychologe erlebt das Konzentrationslager, pubblicata anonima, non ha avuto molto successo. La seconda, pubblicata dall'editore Kösel di Monaco di Baviera, firmata da Frankl e intitolata Trotzdem Ja zum Leben sagen. Ein Psychologe erlebt das Konzentrationslager (Dire di sì alla vita, nonostante tutto. Uno psicologo nei lager), è stata invece tradotta in ventisei lingue, dichiarata per quattro volte “libro dell'anno” dalle università americane e indicata dalla Library of Congress come uno dei libri più influenti d'America, dove ne sono state vendute circa nove milioni di copie[2].
Scritto di getto poco dopo la liberazione di Frankl, Uno psicologo nei lager è un libro da cui trapela il dramma di un ebreo che è anche austriaco, che ha fatto propria quella cultura di lingua tedesca che lo sostiene – proprio mentre i tedeschi si accaniscono contro di lui – attraverso la riflessione sulla sofferenza, la morte e la temporalità di Rilke, Nietzsche e Scheler.
Concepito dopo aver appreso che in campi di concentramento diversi dal suo erano morti i genitori, il fratello e la moglie, Uno psicologo nei lager si differenzia dai tanti racconti di sopravvissuti ai campi di sterminio[3] perché riferisce l'esperienza di un medico che si riscopre uomo e credente. Attraverso uno stile narrativo scorrevole e coinvolgente, esso mostra come l'uomo possa vivere pienamente anche nelle condizioni più disumane, anzi proprio attraverso di esse.