Infallibilità delle Scritture
principio dottrinale di alcune denominazioni cristiane per il quale si intende che la Bibbia, in tutto ciò che afferma, sia da considerarsi priva di errori / Da Wikipedia, l'enciclopedia encyclopedia
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L'infallibilità delle Scritture (anche inerranza biblica) è un principio dottrinale di alcune denominazioni cristiane per il quale si intende che la Bibbia, in tutto ciò che afferma, sia da considerarsi priva di errori[1]. Questo principio è oggi affermato da alcune denominazioni cristiane, protestanti fondamentaliste, e restaurazioniste, come i cristadelfiani[2][3][4] e dai testimoni di Geova[5][6][7].
«Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.»
(Paolo di Tarso, seconda lettera a Timoteo, c. 3, 16-17.)
Cattolici, ortodossi e chiese protestanti storiche (luterani, calvinisti, anglicani), invece, affermano che la Bibbia sia ispirata da Dio e infallibile in materia di fede e di morale, ma non necessariamente esente da errori nelle sue parti storiche e scientifiche. A questo proposito il Concilio Vaticano II afferma: la Bibbia «contiene senza errori la verità che si riferisce alla nostra salvezza».[8] Queste parole sono molto simili a quelle pronunciate tre secoli prima dal "teologo" laico Galileo (la Bibbia ha solo lo scopo di insegnare agli uomini le verità «che sono necessarie per la salute loro»), ma anche a quanto affermato quindici secoli prima da Origene: «Noi sappiamo che la Scrittura non è stata redatta per raccontarci le storie antiche, ma per la nostra istruzione salvifica».[9]
Secondo il concilio Vaticano II, inoltre, la corretta interpretazione richiede di tenere in conto il genere letterario del testo biblico e il contesto storico culturale dell'agiografo (Sitz im Leben). Per questo motivo anche per quanto riguarda affermazioni con un implicito significato etico occorre distinguere nella sacra scrittura la parola di Dio dal contributo degli scrittori sacri «veri autori nel possesso delle loro facoltà e capacità».[10]