Vezio Scatone
politico e generale romano / Da Wikipedia, l'enciclopedia encyclopedia
Vezio Scatone (in molti testi anche nella lectio facilior di Catone;[1] in latino Vettius Scato/Cato; II secolo a.C. – Ascoli Piceno, 90 a.C.) è stato un generale italico – probabilmente proveniente dalla popolazione dei Marsi o da quella dei Peligni[2] – il quale si distinse durante la guerra sociale che, agli inizi del primo secolo a.C., oppose Roma a molte delle genti italiche associate ma cui era negata la cittadinanza romana.
É tradizionalmente oggetto di controversia l'ortografia del suo cognomen, e anche sul nomen e sul praenomen esistono diverse versioni. Cicerone menziona il generale italico riferendo di un colloquio, avvenuto in sua presenza, tra lo stesso e il console romano Gneo Pompeo Strabone,[3] e, in una diversa orazione, cita il cognomen di famiglia come appartenente alla tribù dei Marsi:[4] nei migliori manoscritti la forma riportata è quella di "Scato". Autori più tardi usano però la grafia "Cato": in particolare Appiano Alessandrino[5] e Velleio Patercolo, il quale ultimo modifica anche il nome proprio parlando di "Insteius Cato".[6] Secondo il lessicografo britannico ottocentesco William Smith, si trattò di una corruzione del termine realizzatasi con il passare degli anni e dei secoli, ed è «bastantemente naturale che il nome oscuro di Scatone fosse cambiato nel celebre di Catone.»[7] E la lezione "Scatone" è stata fatta propria da tutta la storiografia maggiore, a partire, nel XIX secolo, da Atto Vannucci, Pasquale Villari,[8] e Theodor Mommsen.[9] Le fonti antiche sono anche in disaccordo per quanto riguarda il praenomen: Publius, secondo Cicerone; Titus, secondo Eutropio; Caius, secondo Seneca.[10]