Traian Băsescu
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Traian Băsescu (Basarabi, 4 novembre 1951) è un politico rumeno, presidente della Romania dal 20 dicembre 2004 al 21 dicembre 2014.
Traian Băsescu | |
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Traian Băsescu nel 2013 | |
4º Presidente della Romania | |
Durata mandato | 20 dicembre 2004 – 21 dicembre 2014[1] |
Capo del governo | Eugen Bejinariu (ad interim) Călin Popescu Tăriceanu Emil Boc Cătălin Predoiu (ad interim) Mihai Răzvan Ungureanu Victor Ponta |
Predecessore | Ion Iliescu |
Successore | Klaus Iohannis |
Presidente del Partito del Movimento Popolare | |
Durata mandato | 2015 – 2018 |
Predecessore | Eugen Tomac |
Successore | Eugen Tomac |
Presidente del Partito Democratico | |
Durata mandato | 19 maggio 2001 – 18 dicembre 2004 |
Predecessore | Petre Roman |
Successore | Emil Boc |
Sindaco di Bucarest | |
Durata mandato | 28 giugno 2000 – 20 dicembre 2004 |
Predecessore | Viorel Lis |
Successore | Adriean Videanu |
Ministro dei trasporti | |
Durata mandato | 30 aprile 1991 – 19 novembre 1992 |
Capo del governo | Petre Roman Theodor Stolojan |
Predecessore | Doru Viorel Pană |
Successore | Paul Teodoru |
Durata mandato | 12 dicembre 1996 – 11 febbraio 1998 |
Capo del governo | Victor Ciorbea |
Predecessore | Aurel Novac |
Successore | Anton Ionescu |
Durata mandato | 17 aprile 1998 – 26 giugno 2000 |
Capo del governo | Radu Vasile Mugur Isărescu |
Predecessore | Anton Ionescu |
Successore | Anca Boagiu |
Senatore della Romania | |
Durata mandato | 21 dicembre 2016 – 19 giugno 2019 |
Legislatura | VIII |
Gruppo parlamentare | PMP |
Circoscrizione | Bucarest |
Sito istituzionale | |
Membro della Camera dei deputati della Romania | |
Durata mandato | 27 novembre 1996 – 26 giugno 2000 |
Durata mandato | 22 ottobre 1992 – 9 aprile 1996 |
Legislatura | II, III |
Gruppo parlamentare | PD |
Circoscrizione | Vaslui |
Sito istituzionale | |
Europarlamentare | |
In carica | |
Inizio mandato | 2 luglio 2019 |
Legislatura | IX |
Gruppo parlamentare | PPE |
Circoscrizione | Romania |
Sito istituzionale | |
Dati generali | |
Partito politico | PMP (dal 2015) In precedenza: PCR (fino al 1989) FSN (1990-1993) PD (1993-2004) Indipendente[2] (2004-2014) |
Università | Accademia navale Mircea cel Bătrân |
Professione | Ufficiale di Marina mercantile |
Firma |
Ex ufficiale di marina mercantile, è stato diverse volte ministro dei trasporti tra il 1991 e il 2000 e poi sindaco di Bucarest (2000-2004).
Nel 2001 è diventato presidente del Partito Democratico, succedendo a Petre Roman. Ha successivamente condiviso con Theodor Stolojan la presidenza della coalizione elettorale Alleanza Giustizia e Verità, costituita nel 2003 da PD e Partito Nazionale Liberale. In seguito al ritiro di Stolojan dalla campagna elettorale del 2004, è stato indicato quale candidato della coalizione alla presidenza della Romania.
È stato nominato presidente della Romania per un primo mandato in seguito alla vittoria al ballottaggio delle elezioni presidenziali del 2004 contro il candidato del centro-sinistra, Adrian Năstase. È stato confermato alle elezioni presidenziali del 2009, quando ha superato Mircea Geoană (PSD). È rimasto in carica per dieci anni, fatta esclusione di due brevi sospensioni temporanee, scaturite dai tentativi del parlamento di revocarlo dalla funzione per presunte violazioni della Costituzione. Entrambi i referendum popolari organizzati nel 2007 e nel 2012 ne hanno sancito il ritorno in ufficio.
Nel corso della sua presidenza, il 1º gennaio 2007, la Romania ha aderito all'Unione europea. Il suo mandato è stato caratterizzato dall'impegno per la lotta alla corruzione e dall'introduzione di misure per combattere le conseguenze della Grande recessione. Secondo diversi storici e politologi, da presidente ha promosso politiche populiste[3][4][5][6].
Al termine del mandato da capo di Stato nel 2015 si è iscritto al Partito del Movimento Popolare, di cui è stato a capo fino al 2018.
Eletto senatore nel 2016, ha rinunciato al seggio nel 2019 per rivestire la funzione di europarlamentare.
Nel 2019 il CNSAS lo ha deferito alla giustizia in quanto collaboratore della Securitate. Nel 2022 l'Alta corte di cassazione ha emesso la sentenza definitiva, che ha confermato il parere del CNSAS[7].